Tutto si giocherà nei prossimi otto-dieci giorni. Si comincia domani con il discorso che il presidente della commissione europea Jean Claude Juncker terrà al parlamento europeo sullo stato dell’Unione, per poi proseguire il 14 con il vertice dei ministri degli Interni e subito dopo con il summit straordinario chiesto da Germania e Francia . Un tour de force al termine del quale l’Europa avrà molto probabilmente una nuova agenda per l’Immigrazione: quote di profughi da ripartire tra gli Stati (che passano dagli iniziali 40 mila a 160 mila), sanzioni per quei governano che si rifiutano di dare accoglienza, nuova lista dei Paesi sicuri e, entro l’anno, revisione del regolamento di Dublino. In aggiunta c’è la questione degli hotspot dove identificare i migranti, argomento questo sul quale da settimane è in corso un botta e risposta tra Berlino e Parigi da una parte, e Roma dall’altra.
Il primo segnale forte arriverà domani, quando il presidente della commissione europea Juncker prenderà la parola a Bruxelles. Da settimane si sa che l’immigrazione sarà uno di punti principali del suo discorso ma gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno reso ancora più urgente il problema e impresso una svolta decisa al modo in cui affrontarlo. Decisiva in questo senso è stata la decisione della Germania di aprire le proprie frontiere ai profughi siriani e il modo in cui tedeschi e austriaci si sono organizzati per accogliere i profughi. La scelta della Merkel ha incrinato il muro della fermezza, anche se permangono forti resistenze. dai parte dei paesi dell’Est. Juncker presenterà il piano messo a punto oggi dal collegio dei commissari per la divisione dei profughi e che vede Germania, Francia e Spagna farsi carico in due anni del 66% dei 160 mila richiedenti asilo in Italia, Grecia e Ungheria da dove ne partiranno rispettivamente 39.600 (invece di 24.000), 66.400 e 54 mila. Calcoli più precisi verranno fatti nei prossimi giorni, tenendo conto anche della disponibilità ad accogliere i profughi data da Paesi che non fanno parte dell’Ue come Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein. La Gran Bretagna si è detta disponibile ad accogliere 20 mila profughi in 5 anni.
I criteri per la distribuzione terranno contro della popolazione, del Pil e del numero di richiedenti asilo già ospitati. Per essere attuata la prima parte della relocation, di carattere temporaneo, avrà bisogno solo del parere dell’Europarlamento e della maggioranza qualificata del Consiglio Ue. perché il meccanismo diventi permanente sarà invece necessario il voto dell’aula di Strasburgo e della maggioranza qualificata del Consiglio.
L’opposizione più forte verrà dai Paesi del gruppo Visegrad, Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia fortemente contrari al meccanismo delle quote.
E qui subentrano le sanzioni. Per i paesi che si rifiuteranno di accogliere i profughi sono infatti previste sanzioni calcolate sulla base del Prodotto interno lordo. E’ prevista la possibilità per tutti i Paesi di avvalersi della clausola «opt out» ovvero della possibilità di non partecipare al sistema, ma solo per un anno e comunque sottoposta a sanzione.
Altro punto importante riguarderà i Paesi dai quali arrivano i migranti. «Quelli che non hanno necessità di protezione dovranno tornare indietro», ha detto ieri al cancelliera tedesca. Un modo per ribadire la volontà di dividere i richiedenti silo dai cosiddetti migranti economici, rispedendo subito indietro questi ultimi. Per questo Bruxelles sta mettendo a punto una lista dei cosiddetti Paesi sicuri, quelli in cui non sono in corso guerre e si ritiene che non sussistano pericoli per la vita delle persone e, quindi, non danno diritto a presentare richiesta di asilo.
Per adesso nella lista messa a punto dalla Commissione europea figurano Macedonia, Turchia, Montenegro, Kosovo, Serbia, Albania e Bosnia-Erzegovina, mentre mancano Marocco e Tunisia, Paesi con i quali però già esistono trattati per il rimpatrio di migranti. In questo modo l’Unione europea spera di accorciare notevolmente i tempi per l’esame delle domande di asilo .