Dopo AstraZeneca, anche Sanofi e Gsk annunciano problemi nello sviluppo di un vaccino anti-Covid. Per l’Italia questi vaccini sono strategici, poiché costituiscono quasi la metà delle dosi prenotate dal governo. Il vaccino della Pfizer, invece, è stato appena approvato negli Usa e presto sarà autorizzato anche in Europa. Ma a causa dell’intreccio tra geopolitica e brevetti, non ce ne sarà abbastanza per tutti.

Andiamo con ordine. I primi scricchiolii del piano vaccinale italiano si percepiscono martedì, quando i ricercatori dell’università di Oxford e di AstraZeneca pubblicano sulla rivista Lancet i dati relativi al clinical trial di fase 3, l’ultimo test sul vaccino prima della richiesta di autorizzazione. Il trial non ha permesso di verificare l’effetto della vaccinazione negli anziani, il dato più rilevante perché è la categoria più a rischio e la prima da vaccinare. Anche sull’efficacia i dati sono piuttosto opachi. Il vaccino in due dosi funziona solo al 60% ma una piccola parte dei vaccinati ha ricevuto per errore una prima dose dimezzata. A sorpresa, in questo gruppo (1.300 partecipanti) l’efficacia è salita al 90%. Una scoperta o un caso? Serviranno altri test per capirlo, con inevitabili ritardi nelle autorizzazioni.

L’imprevisto nel dosaggio apre un piccolo giallo sul controllo della qualità nei vaccini. Secondo il sito statunitense Buzzfeed, l’errore è stato commesso dalla Advent di Pomezia che collabora nella produzione con l’università di Oxford. Ma parlando con il manifesto l’amministratore delegato Piero Di Lorenzo minaccia querele: «Advent ha fornito invece le dosi sempre con il dosaggio corretto». Secondo il manager, il metodo per misurare la quantità di vaccino usato a Pomezia è corretto. Evidentemente, l’errore non è stato commesso in Italia.

Un incidente molto simile è capitato a Sanofi – già in ritardo con le forniture italiane del vaccino anti-influenzale – e Gsk, due multinazionali farmaceutiche alleate nella corsa al vaccino. Le aziende hanno deciso di ripetere gli studi clinici di fase 2 perché ai volontari sarebbe stato somministrato in dose dimezzata per un altro errore commesso in fase di preparazione. I test saranno ripetuti a febbraio e comporteranno 3-6 mesi di ritardo. Ma superare la fase 3, che richiede la partecipazione di decine di migliaia di persone, potrebbe rivelarsi un’impresa: con altri vaccini già disponibili, quanti volontari saranno disposti a rinunciarvi per prestarsi alla sperimentazione? Inoltre, il vaccino Sanofi-Gsk dovrà rivelarsi altrettanto efficace dei concorrenti per ottenere un’autorizzazione da parte delle agenzie regolatorie mentre oggi, in assenza di alternative, l’asticella è più bassa.

I ritardi di AstraZeneca e Sanofi-Gsk sono una brutta tegola sul piano vaccinale italiano. Su 202 milioni di dosi prenotate ben 80 (il 40%) dipendono da questi produttori. I rimanenti 120 milioni di dosi – per vaccini ancora da autorizzare – bastano appena per la popolazione italiana perché quasi tutte le vaccinazioni richiedono due dosi. Un altro incidente, e saremmo nei guai. Molto dipenderà dall’esito della sperimentazione del vaccino della Johnson&Johnson, del quale l’Italia ha prenotato 54 milioni di dosi. All’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) la valutazione è già iniziata.

Fortunatamente, sembra davvero efficace il vaccino Pfizer, ufficialmente approvato ieri negli Usa per uso emergenziale. L’efficacia del vaccino si è rivelata superiore al 90% e il New England Journal of Medicine ha parlato di «trionfo». Entro il 29 si pronuncerà anche l’Ema. Dalla Pfizer l’Italia attende 26 milioni di dosi che arriveranno spalmate sui primi nove mesi dell’anno. Secondo i piani, ne saranno somministrate tre milioni di dosi al mese per un milione e mezzo di persone. In tutto, la Pfizer ha promesso di produrre 1,3 miliardi di dosi nel 2021, sufficienti per meno del 10% della popolazione mondiale.

Secondo il Financial Times, l’amministrazione Trump ha chiesto di aumentare la fornitura riservata agli Usa. Per prevenire ulteriori sgambetti, il ministro Speranza prova a mettere d’accordo almeno gli alleati europei: «Gennaio sarà il mese delle vaccinazione e spero che si possa partire in contemporanea in tutta Europa. Il 29 Ema darà il via al vaccino Pfizer e da quel giorno l’Aifa e l’Italia saranno pronte a partire. Spero che in Europa si scelga tutti lo stesso giorno». Pochi giorni fa in Parlamento il ministro aveva parlato del vaccino come di un «bene comune».

Ma le difficoltà che stanno emergendo sono la conseguenza di una ricerca spezzettata tra centinaia di progetti in concorrenza tra loro, che ora faranno fatica persino a reperire i volontari per i test. «Se vogliamo avere abbastanza dosi per fermare la pandemia, i frammentari tentativi in corso non sono sufficienti», aveva avvertito a marzo Seth Berkley, il direttore dell’Alleanza Globale per i Vaccini (Gavi). Anche associazioni, Ong, organizzazioni umanitarie e un consistente numero di governi chiedono all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) di sospendere i brevetti sui farmaci e permettere ad aziende locali di produrre vaccini per tutti. Lo hanno fatto ancora nell’incontro di giovedì scorso, incontrando l’opposizione di Usa e Ue. Se non altro, hanno ottenuto che il tema sia di nuovo discusso alla prossima riunione del Wto, prevista per il 16 e 17 dicembre.