Da una parte Confindustria che continua imperterrita a chiedere di riaprire tutto e subito, dall’altra i virologi e i sindacati a chiedere prudenza e a mettere la salute davanti al profitto. In mezzo il governo e la commissione Colao a cercare un compromesso plausibile, non senza divergenze.

E dopo quasi quattro ore di discussione una chiusura che lascia aperte molte incognite: «La riapertura partirà il 4 maggio per manifattura, costruzioni, alcuni servizi e parte del commercio ma nei settori in cui esistono protocolli si potrebbe anticipare», ha concluso l’incontro Giuseppe Conte.

LA FASE DUE FRA È PREVISTA fra 11 giorni. Ma il 4 maggio è considerato troppo lontano da industriali e renziani. Nonostante l’assenza del falco Carlo Bonomi, il suo predecessore Vincenzo Boccia, formalmente in carica fino all’assemblea generale del 20 maggio, ha cercato in tutte le maniere di ottenere il via libera alle aziende «in regola con il distanziamento» già per lunedì 27.

E così la riunione fra governo, commissione Colao e parti sociali si è trasformata da una semplice illustrazione del documento della task force per le riaperture in uno scontro a tratti teso.

Proprio Vincenzo Colao ha ha cominciato illustrando la slide che sintetizza il documento in 5 cartelle della sua commissione. Basandosi sulla valutazione di rischio dei vari settori produttivi stilata da Inail, Istat e Istituto superiore di sanità, l’allentamento delle misure restrittive «che non equivale a un liberi tutti» per quanto riguarda il sistema economico dovrebbe coinvolgere al massimo 2,7 milioni di lavoratori «con uniformità su scala nazionale».

NE FANNO PARTE I LAVORATORI delle costruzioni, della manifattura a partire dalla meccanica, i trasporti, i servizi a partire dagli studi professionali, alcuni servizi commerciali come le concessionarie di auto e moto.

In realtà in questi settori lavorano in 3,8 milioni ma da questi si devono sottrarre, suggeriscono i 17 esperti della commissione, i lavoratori in smart working e quelli che già lavorano per le 100mila aziende «con deroga prefettizia».

Tutto rimandato per i negozi – forse l’11 maggio – bar e ristoranti – 18 maggio – , ma è possibile un primo allentamento per consentire ad esempio di vendere prodotti da asporto. Più cautela per cultura e turismo: partiranno con più lentezza e regole stringenti. Il quadro si definirà meglio entro il weekend: dovrebbe esserci il via libera alle corse da soli lontano da casa, la possibilità, con mascherine, di andare a trovare i parenti o andare alle seconde case. Ma è chiaro fin d’ora che resteranno limiti alla mobilità tra le Regioni e anche alcune «aree rosse».

SOLO MAURIZIO LANDINI – che ha chiesto chiarimenti sui test sierologici – ha sollevato il tema della scuola, lasciato sostanzialmente cadere da Colao e Conte.

LA COMMISSIONE COLAO ha proposto di esonerare dal rientro al lavoro i lavoratori 60enni appartenenti ai comparti che dovrebbero riaprire dal 4 maggio ma Conte si è subito detto contrario all’ipotesi.

Più cauto il Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza coronavirus che ha ribadito la linea della cautela e della gradualità rispetto alle riaperture. Il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro e altri membri del Cts assieme al ministro della Salute Roberto Speranza hanno sottolineato l’importanza di «rafforzare la sanità territoriale» e ricordato come «in caso di rialzo della curva dei contagi servirà fare subito marcia indietro sulle riaperture».

La sicurezza sanitaria a livello locale è condizione essenziale per le riaperture: le decisioni sul riavvio di attività nella fase 2 dovranno «essere pesate sulla base di tre criteri che sono la situazione epidemiologica, l’adeguatezza del sistema sanitario locale, la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale». I perimetri di applicazione saranno le Regioni o le aree territoriali rilevanti. Il comitato tecnico scientifico ha predisponendo una serie di indicatori.

IL PROBLEMA DEI TRASPORTI è stato centrale nell’analisi della commissione Colao. C’è la necessità di un protocollo apposito per quel 15 per cento stimato della popolazione che usa i mezzi pubblici sui quali mantenere la distanza di due metri sarà difficile da imporre. L’idea è quella di scaglionare gli orari per togliere gli attuali orari di punta, aumentare le corse e favorire l’uso di mezzi alternativi, a partire dalle bici elettriche.

Il problema riguarda però soprattutto le grandi fabbriche che spesso si trovano in zone difficilmente raggiungibili con pochi autobus che portano i lavoratori. Esempi ne sono i cantieri di Fincantieri e la Sevel di Atessa, la fabbrica Fca che dovrebbe aprire lunedì. I circa 6 mila addetti arrivano da tutto l’Abruzzo. Su questo la Fiom ieri ha chiesto un intervento diretto del premier Conte per garantire una riapertura sicura anche oltre l’accordo firmato unitariamente. «Indicare la data del 4 maggio quando nel frattempo stanno aprendo moltissime aziende col silenzio-assenso è sbagliato – ha attaccato il segretario nazionale Michele De Palma – . Non sta prevalendo una logica sanitaria, bensì una logica di mercato».