La parola ai cittadini. Il prossimo 13 giugno i cittadini svizzeri sono chiamati al voto per esprimere la loro opinione su una possibile modifica della Costituzione che metterebbe fuorilegge i pesticidi sintetici. Se il sì dovesse vincere, il divieto si estenderebbe non solo in ambito agricolo ma anche per l’utilizzo privato, oltre che all’importazione e alla commercializzazione di derrate alimentari che li contengono. A fianco di questo primo quesito, un secondo si focalizza sul diritto all’acqua potabile messa a rischio dal riverso di pesticidi e antibiotici nelle falde. In questo caso, gli aventi diritto al voto dovranno pronunciarsi a favore o contro l’eliminazione dei sussidi pubblici per gli agricoltori che non intendano adeguarsi a pratiche di produzione ecologiche.

Una rivoluzione che non vuole però mettere in difficoltà gli agricoltori convenzionali. I quesiti referendari prevedono infatti un periodo di transizione dagli otto ai dieci anni per adeguarsi alla necessità, non più derogabile, di proteggere la biodiversità e la salute virando verso un modello produttivo ecologico.

Oltre agli abitanti, preoccupati dei residui tossici nell’ambiente, negli alimenti e nell’acqua, le proposte sono sostenute da scienziati indipendenti e dall’associazione dei piccoli produttori agricoli che rappresenta circa 8 mila aziende. L’agricoltura biologica, sostengono i promotori, costituisce il modello produttivo del futuro. Secondo l’organizzazione dei produttori biologici Bio Suisse, il settore è in crescita e una fattoria su sei è certificata. Nonostante la crescita costante del mercato bio, la politica continua a sostenere, con circa 3,7 miliardi di dollari all’anno, l’agricoltura intensiva ad alto input chimico.

Il referendum avverrà in un clima tutt’altro che disteso. La Svizzera è infatti la casa di una delle multinazionali dell’agribusiness più potenti al mondo, la Syngenta. Recentemente acquisita dalla Chem China, la multinazionale vanta un fatturato annuo che si aggira intorno ai 50 miliardi di dollari. La Syngenta è stata recentemente al centro dello scandalo denominato Paraquat Papers, dal nome dell’erbicida prodotto dall’azienda accusato di essere fra i più tossici al mondo. Non dissimilmente dai Monsanto Papers, i documenti accusano la multinazionale di aver manipolato i dati per mantenere il Paraquat sul mercato.

Una campagna per convincere gli svizzeri a rigettare le proposte dell’iniziativa è stata messa in piedi dall’organizzazione dei grandi produttori agricoli, supportati dalle multinazionali dell’agribusiness. Il fronte dei contrari ha dato il via a una violenta contrapposizione che è degenerata anche in minacce di morte nei confronti dei promotori della consultazione.

E’ chiaro che l’iniziativa svizzera è destinata a sollevare un dibattito internazionale e chissà, magari a ispirare azioni analoghe in altri paesi. Il tratto più rilevante della vicenda appare infatti la portata della mobilitazione popolare. I cittadini e i piccoli produttori, di fronte all’inazione della politica, si sono uniti per organizzare una consultazione pubblica, per reclamare il diritto a un’alimentazione e a un ambiente sani.