C’è una persona sulla quale convergono tutti i dubbi e le tensioni tra i parlamentari del Movimento 5 Stelle attorno alla percezione della loro pochissima influenza sulle scelte decisive del governo Draghi. Inevitabilmente, quella persona è Roberto Cingolani, il tecnico che Beppe Grillo volle alla transizione ecologica, il ministero che venne fatto passare per rivoluzionario e che i 5 Stelle salutarono come ulteriore segnale della loro capacità di imporre svolte alla politica tutta, con qualsiasi maggioranza. La chiamavano Rivoluzione Mite, giocando con l’acronimo del nuovo dicastero. Cingolani doveva esserne il protagonista, ma da qualche settimana i deputati della commissione ambiente lanciano segnali di allarme.

Ieri, in una chat, il dissenso si è di nuovo manifestato, questa volta nelle parole dell’ex presidente della commissione cultura, e attuale membro della commissione bilancio, Luigi Gallo. Il quale ha proposto una mozione di sfiducia contro Cingolani. Gallo conferma e rilancia: «È chiaro a tutti che la proposta di mozione di sfiducia scritta in chat è stata uno sfogo – dice al manifesto – Uno sfogo, in un momento in cui le dichiarazioni pubbliche del ministro Cingolani vanno nella direzione di legittimare politicamente delle scelte obsolete e anti-ecologiche dai mini-reattori nucleari, agli inceneritori, fino all’opposizione alle direttive europee ambientaliste sulla plastica. Preoccupano ancor di più gli elementi del decreto semplificazioni dalla combustione di rifiuti nei cementifici e le trivellazioni per stoccare CO2 della Ccs». Dunque, onorevole Gallo? «Registro semplicemente che tutto ciò, le cose che Cingolani propone, non è in linea con gli obiettivi europei e con la politica che il Movimento 5 Stelle sostiene – afferma ancora Gallo – Dobbiamo chiedere un forte cambio di rotta sui temi ambientali».

Gallo è stato il portavoce della corrente Parole Guerriere all’assemblea finale degli Stati generali. Proprio la fondatrice di Parole Guerriere, Dalila Nesci, è attualmente sottosegretaria al Sud. Gallo non ha intenzione di chiedere che il M5S esca dal governo. Lui e altri evocano lo strumento della sfiducia individuale proprio perché non hanno intenzione di attaccare l’esecutivo nel complesso o di uscire dalla maggioranza, come chiede da tempo ai suoi ex colleghi il trepitante Alessandro Di Battista.

Ma i dubbi circolano. Se presentiamo una mozione di sfiducia a Cingolani, avrebbe risposto la deputata Carmen Di Lauro, tanto vale uscire dal governo, dal momento che stiamo parlando di un ministro che rappresenta il motivo per il quale il Movimento ha accettato, «almeno ufficialmente», di far parte di questa «particolarissima maggioranza».

Smaltito l’entusiasmo per il Draghi grillino e sparito dalla circolazione Grillo dopo i giorni dell’iperattivismo del fondatore che portarono la gran parte dei parlamentari del M5S a votare la fiducia al governo, adesso qualcuno ricorda che gli stessi consiglieri del fondatore in temi ambientalisti non erano convintissimi del fatto che Cingolani era la persona giusta per ricoprire quel ruolo. È anche per tenere a bada le critiche e rassicurare gli indecisi che Giuseppe Conte ha deciso: una volta archiviate le beghe interne con Rousseau e assunto il timone del M5S a pieno titolo, il M5S farà sentire di più la propria voce all’interno della maggioranza.