Dura oltre sei ore la “deposizione2 di Carmelo Barbagallo, capo della vigilanza di Bankitalia, di fronte alla commissione parlamentare sulle banche. Non è la prima audizione di Barbagallo e non è escluso che torni per accompagnare il governatore Ignazio Visco, fra tre giorni. «Ormai non ce lo stacchiamo più» ironizza il presidente Pier Ferdinando Casini. «Faremo insieme il cenone di Natale», duetta il capogruppo Pd Matteo Orfini. E’ il solo momento di distensione in un’audizione lunghissima, nella quale Barbagallo respinge ogni addebito e in compenso spara a zero sui vertici delle famigerate quattro banche, tra cui Banca Etruria, salvate, i cui dirigenti «erano come quelli che danzavano sul Titanic».

NESSUNA AMMISSIONE. La Vigilanza, assicura Barbagallo, è stata perfetta: 18 ispezioni nei quattro istituti fino al commissariamento, che non poteva essere deciso prima perché ci sono regole precise a cui anche Bankitalia deve sottostare. Moniti e avvertimenti sì, tanti, però «le autorità di vigilanza non possono sostituirsi ai soggetti vigilati». Che colpa ne ha palazzo Kock se in tre istituti dominava «la strategia delle Fondazioni, volta a conservare un ruolo dominante» e nella quarta, appunto Banca Etruria, i vertici erano «decisi a mantenere condizioni di autonomia anche a fronte di una situazione sempre più critica»?

SULLA PRINCIPALE accusa mossa a palazzo Koch per il caso della banca di Arezzo il cui vicedirettore era padre della ministra Maria Elena Boschi, Barbagallo “va negativo”, come si dice in gergo carcerario, su tutta la linea. Non è vero che la Baca d’Italia insistette perché Etruria si fondesse con la Popolare di Vicenza, che versava in condizioni altrettanto critiche, come affermato dal pm di Arezzo Roberto Rossi: mai «chiesto, incoraggiato e tantomeno favorito la Popolare Vicenza ad acquisire Banca Etruria». Per il dirigente della Vigilanza non è neppure vero che quest’ultima fu commissariata come sanzione per non aver accettato la fusione con Popolare: «Avvenne per perdite patrimoniali, perché il patrimonio si era azzerato». E comunque fino al 2014, la Popolare «era nella media». Infatti «dall’ultima ispezione del 2012 emergeva un’ampia capienza patrimoniale».

E’ IL CONTRARIO DI QUANTO sostenuto dal procuratore Rossi, ed è anche un versione diversa da quella della nota diffusa da palazzo Koch subito dopo l’audizione del magistrato, nella quale si sosteneva che il commissariamento era stato deciso perché Etruria non aveva nemmeno voluto prendere in considerazione l’acquisizione, evitando di riunire l’assemblea degli azionisti.

Anche sulla fusione tra la Popolare Vicenza e Veneto Banca, altra operazione bersagliata da critiche, stavolta sul fronte delle banche venete, nessuna pressione per un’acquisizione ma solo per una «fusione tra pari». Anche questa è una tesi diversa da quella esposta dallo stesso direttore della Vigilanza nella precedente audizione quando, in veste testimoniale e quindi con le regole del processo penale, Carmelo Barbagallo aveva negato ogni forma di moral suasion per la fusione.

ALLA FINE DELLA MARATONA Casini ha riconosciuto al “teste” serietà e massima disponibilità, ma l’audizione fiume non ha convinto la commissione e in particolare non ha convinto il Pd che con Franco Vazio definisce «evasive» le risposte mentre secondo Gian Pietro Dal Moro Bankitalia «è troppo indulgente con se stessa».

LA RESA DEI CONTI arriverà il 15, con l’audizione di Ignazio Visco, poi però sarà il turno di Federico Ghizzoni e l’ex ad di Unicredit dovrà chiarire se l’allora ministra Boschi si interessò con lui al caso Banca Etruria, dunque se la stessa Boschi abbia o no mentito di fronte al Parlamento. I botti più fragorosi saranno quelli finali.