Perché i grandi gruppi della finanza mondiale hanno individuato nel calcio il terreno di scontro per affermare il proprio prestigio?

Dall’inizio degli anni Duemila oligarchi russi, sceicchi, emiri, magnati americani e ultimi i cinesi, hanno dato l’assalto alle migliori squadre di calcio in Europa e in America Latina, facendo del football, insieme al business finanziario, alla tecnologia e alla religione, uno dei principali gangli della Politica.

L’ancien regime del calcio mondiale, a lungo espressione del potentato calcistico europeo, rappresentato da Sepp Blatter e Michel Platini, rispettivamente a capo della Fifa e dell’Uefa, è stato spodestato e il vuoto ha aperto lo scontro per una nuova geopolitica del calcio.

Per capire il nuovo ordine mondiale del pallone, basta seguire il tracciato delle prossime edizioni dei mondiali di calcio: Russia 2018, Qatar 2022, probabilmente nel 2026 Stati Uniti, per aver rovesciato Blatter e Platini grazie allo scandalo fatto scoppiare dall’Fbi, e nel 2030 la Cina, come annunciato con largo anticipo da Xi Jinping.

Che c’entrano i cinesi con il nostro calcio e perché hanno comprato Inter e Milan?

I 500 milioni offerti da Sky per i diritti Tv sono poca cosa rispetto ai complessivi dieci miliardi incassati dalla Premier inglese per il triennio 2018-2021, dove la forbice della distribuzione della risorse tra le squadre non è così ampia come in Italia, permettendo l’anno scorso al Leicester di Ranieri di laurearsi campione d’Inghilterra.

Se volete orientarvi tra petrodollari, rubli e yuan intrecciati al potere politico-calcistico degli oligarchi amici di Putin, e capire perché il capo del partito comunista cinese Xi Jinping ha ordinato di aprire entro il 2025 cinquantamila scuole calcio in Cina, fatevi guidare dalle pagine del bel libro di Marco Bellinazzo I veri padroni del calcio (Feltrinelli, euro 17), un’analisi del calcio globale e del suo intreccio con la grande finanza e la politica.

L’autore non ha mai creduto al calcio come terreno neutrale e lontano dalla politica: «Il calcio è per molti aspetti un’ideologia. O perlomeno una moderna versione dell’ideologia che racchiude in sé un sempre più definito armamentario culturale, economico, sociale. Se dal calcio non deriveranno mai imperi o rivolgimenti istituzionali, è altrettanto vero che il predominio sul football, nondimeno che il controllo della religione, del petrolio, del web o della finanza, può rivelarsi fondamentale per la formazione degli imperi contemporanei o per dirigere e consolidare regimi».