Gli inquinanti per sempre (Pfas) sono presenti ovunque, anche ad alte, altissime, temperature. Secondo un recente studio promosso dal Cnr-Irsa e da Greenpeace, infatti, gran parte degli alimenti della dieta mediterranea (pasta, riso, patate, carote, carne) quando cucinati in acqua contaminata da Pfas possono diventare una fonte di questi inquinanti nella nostra dieta.

Un semplice studio, condotto con campioni raccolti in una corte agricola della zona a maggiore impatto di contaminazione da Pfas della regione Veneto, ha permesso di mettere a confronto i livelli di Pfas di frutta e verdura autoprodotti (non cucinati) e di una selezione di alimenti commerciali dopo cottura con l’acqua del pozzo della stessa corte agricola. L’acqua del pozzo della corte agricola è stata impiegata in uno studio di laboratorio per la preparazione mediante lessatura di alimenti non contaminati da Pfas (riso, pasta, patata, carota e muscolo di manzo) acquistati fuori regione Veneto. La concentrazione dei Pfas nell’acqua di cottura aumenta con l’aumentare del tempo di ebollizione a causa della perdita d’acqua dovuta all’evaporazione. L’analisi degli alimenti lessati ha mostrato livelli significativi di Pfas; il profilo di distribuzione dei Pfas è molto simile a quello dell’acqua impiegata per la cottura, e gli alimenti che assorbono molta acqua durante la cottura, come pasta e riso, presentano i livelli di contaminazione più elevati tra tutti gli alimenti testati. Sebbene si tratti di uno studio preliminare, questi dati suggeriscono che l’uso di acqua contaminata nella preparazione e cottura degli alimenti ha un impatto significativo sull’esposizione umana ai Pfas, probabilmente anche superiore al consumo di prodotti agricoli coltivati in zone contaminate e consumati senza cottura.

Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace, ha dichiarato: «Questa ricerca evidenzia che l’esposizione della popolazione ai Pfas è stata finora sottostimata e che molte persone, non solo in Veneto ma anche in altre regioni italiane come Piemonte e Lombardia, possono essere esposte a contaminazione anche attraverso la cottura dei cibi».

Per i medici di Isde, «questa è l’ennesima dimostrazione che occorre vietare l’utilizzo dei Pfas subito ed è urgente provvedere alla bonifica del territorio veneto, e non solo. Tra l’altro, a novembre, la Iarc ( l’agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro) ha completato il processo di revisione della cancerogenicità per l’uomo dell’acido perfluorottanoico (Pfoa) e dell’acido perfluorottansulfonico (Pfos). Il Pfoa è ora considerato ufficialmente un cancerogeno certo per l’uomo. Ricordiamo che i Pfoa e i Pfos sono sostanze che appartengono al gruppo dei Pfas e le istituzioni italiane, dopo l’ennesima ricerca e lo studio della Iarc non hanno più scusanti. Devono agire subito».

Ma le istituzioni italiane non sembrano, ancora una volta, voler ascoltare la scienza e gli enti di ricerca indipendenti. Proprio lo scorso ottobre, infatti, il governo italiano ha destinato circa tre milioni di euro allo stabilimento Solvay Solexis di Alessandria per continuare a produrre Aquivion, un composto perfluorurato della grande famiglia dei Pfas. Poco importa al Governo che qualche anno fa la stessa Solvay fosse stata condannata per disastro ambientale colposo e il ministero dell’Ambiente, costituitosi parte civile, avesse chiesto 100 milioni di euro per la bonifica dell’intero polo industriale di Spinetta Marengo.