Quante volte abbiamo brontolato perché ci è toccato mangiare la pasta ormai fredda? Irritazione comprensibile, ma che dimentica le numerose ricette a base di pasta riscaldata e ricondizionata con fantasia dalla cucina popolare: dalla sontuosa pasta pasticciata al forno alle crocchette di pasta fritte passando per la frittata di spaghetti e l’insalata estiva di pasta fredda. In cucina la regola, non solo economica ma anche morale, è che non si butta niente. Certo, per i gusti di molti, la pasta va condita e consumata appena cotta e scolata. Eppure, mangiare la pasta fredda o riscaldata il giorno successivo sembrerebbe avere anche qualche vantaggio nutrizionale. Un paio di studi pubblicati recentemente (European Journal of Clinical Nutrition, 2021, volume 75, pages 570–572; Foods, 2020 Jan; 9(1): 23) hanno accertato che l’innalzamento della glicemia dopo il pasto è significativamente ridotto quando la pasta è consumata fredda o, ancora meglio, riscaldata con un po’ d’olio dopo essere stata conservata in frigorifero. Sappiamo che i picchi della glicemia dopo il pasto si ripercuotono negativamente sulla salute e correlano con un aumento del rischio di obesità, di diabete di tipo 2, di patologie cardiovascolari e di infiammazione generalizzata. Non tutti gli aspetti di questo fenomeno sono al momento chiariti. Queste ricerche, tuttavia, hanno confermato un fenomeno già noto e ben documentato chiamato ricristallizzazione dell’amido, cioè la trasformazione, quando la pasta si raffredda, di parte dell’amido digeribile in amido più resistente, assorbito lentamente. Gli sperimentatori accennano al fatto che quanto osservato per la pasta si verifica anche nel caso di altri cereali o alimenti amidacei come il riso, il mais o le patate. Buono a sapersi per chi ha l’abitudine, molto comoda soprattutto nel caso dei cereali integrali, di cuocerli in anticipo e di condirli e consumarli nei giorni successivi a temperatura ambiente o riscaldati.

In uno dei due studi, effettuato da ricercatori dell’università di Brighton (UK), gli autori specificano con pignoleria che sono state utilizzate tre diverse preparazioni di fusilli bianchi conditi con sugo di pomodoro e basilico e che la pasta è stata cotta in acqua per 20 minuti (sic). Ricercatori italiani, almeno su quest’ultimo aspetto, avrebbero sicuramente fatto di meglio.