Iscritti espulsi e poi reintegrati, votazioni annullate d’ufficio, regolamenti messi sotto accusa. L’ingarbugliata vicenda siciliana, a metà tra guerra fra bande e pressappochismo normativo, è l’ultima in ordine di tempo di una serie di ricorsi in tribunale che hanno sempre visto soccombere i vertici del M5S.

Lo stesso Grillo, poco meno di un anno fa, fu costretto a teorizzare sul suo blog che il suo soggetto politico doveva essere considerato legibus solutus, libero da vincoli percepiti come arcaici di fronte alla visione profetica del M5S: «Processi, burocrazie, codici e codicilli non possono fermarci perché siamo uniti e compatti verso lo stesso obiettivo», scrisse. Il co-fondatore ammetteva in questo modo che la sua creatura si trovava «in difficoltà a essere riconosciuta dalle leggi attuali». Ma ciò, insisteva, era dovuto al fatto che «la sua struttura e organizzazione è molto più innovativa e avanzata di quelle regolamentate dai codici».

Esistono due involucri legali del Movimento 5 Stelle. Il primo è quello costituito dagli iscritti al portale di Beppe Grillo. Il secondo, quello che possiede il simbolo, risponde solo al capo, ed è stato confezionato in tutta fretta all’indomani dei primi successi elettorali: gli unici soci sono Grillo, suo nipote e il suo notaio. Una votazione indetta alla fine di ottobre scorso serviva a sanare il vulnus di un regolamento emanato dai vertici ma mai discusso in nessuna sede. Secondo il codice civile per rendere valida la votazione serve un quorum di almeno il 75 per cento dei votanti. Soglia altissima per i canoni grillini, di solito falcidiati dall’astensione alle consultazioni online. E infatti la votazione durò un mese e nonostante gli inviti ad esprimersi provenienti da tutti i big, votò appena la maggioranza.

Poco prima, il tribunale aveva disposto il reintegro di attivisti epurati a Roma e Napoli. Passò qualche mese, e arrivò la mazzata genovese: la sentenza questa volta diede ragione a Marika Cassimatis, vincitrice delle comunarie estromessa dalla corsa elettorale. Il blog indisse nuove consultazioni, questa volta su base nazionale invece che comunale, pur di favorire il candidato preferito dai vertici. Il danno d’immagine pesò molto sull’esito delle elezioni nel capoluogo ligure, visto che il M5S partiva coi favori dei pronostici ma non si arrivò neppure al ballottaggio.

Dietro i ricorsi c’è sempre lo stesso avvocato: si chiama Lorenzo Borrè, ed ha un passato recente di attivista di base nel Movimento 5 Stelle. Come spesso capita, gli attacchi più duri ai grillini vengono dall’interno o da ex aderenti. Adesso sta seguendo anche il caso di Cristina Grancio, consigliera comunale a Roma «sospesa» per i dubbi espressi sulla grande cementificazione dello stadio. «È la prima volta che sento qualcuno contestare un “atteggiamento” da quando ho finito di fare il militare», ha detto Borrè a La Stampa commentando la vicenda. E detto da uno che si è formato nell’estrema destra, non è poco.