Negli ultimi decenni non c’è professione che abbia contribuito ad abbassare diritti e salari più dei consulenti del lavoro. Sempre più spesso la categoria è portatrice di una mancanza etica tale da avere come unico obiettivo la riduzione del costo del lavoro con qualsiasi mezzo.

Ora è quasi certo che la storica presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del Lavoro assurgerà a ministro del Lavoro. Marina (Elvira) Calderone è inserita in tutti i totoministri, al pari del poco appeal politico per un dicastero ormai vissuto quasi esclusivamente come epicentro delle sempre maggiori crisi industriali da gestire.

Calderone dal 2004 ha costruito una fitta rete di relazioni politiche – soprattutto nel centrodestra ma non solo – che le ha permesso di entrare nelle grazie del quasi intero arco costituzionale. Se nei primi anni la vicinanza a Sacconi e la «zampina» nelle sue (contro)riforme del lavoro era evidente, Calderone è poi riuscita – tramite la festa annuale del Consiglio – a entrare in ottimi rapporti perfino con Luigi Di Maio, tanto da contendere fino all’ultimo la poltrona di presidente dell’Insp a Pasquale Tridico. Negli ultimi anni invece la sua presenza alla festa di Atreju l’ha avvicinata a Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni.

All’Inps però c’è il marito Rosario De Luca che fa parte del Cda in quota centrodestra. E qui il conflitto di interesse sarebbe evidente: l’Inps è sottoposto alla vigilanza del ministero del Lavoro e se Marina Calderone diventasse ministro dovrebbe vigilare sulle «attività del marito», come denuncia l’Usb: «Non sappiamo se giuridicamente si possa parlare di conflitto d’interesse ma riteniamo evidentemente inopportuna la contemporaneità dei due incarichi», sottolinea.

Eppure, marito a parte, la nomina a ministro di Marina Calderone si porterebbe dietro una lunga serie di conflitti di interesse su molti piani.

Il più grave riguarda una pratica consolidata su un tema delicatissimo come gli appalti e i risvolti sulla sicurezza sul lavoro. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti sul lavoro ha presentato vari interpelli proprio al ministero del Lavoro per rendere più flessibile la normativa che tutela i lavoratori e la sicurezza in tema di appalti e sulla congruità.

La posizione in materia dei Consiglio nazionale dei consulenti guidato da Calderone è grave: per loro il Durc – il Documento unico di regolarità contributiva – in edilizia, in vigore dal 1° novembre 2021, strumento principe per evitare le assunzioni post datate in caso di incidenti, invece «introduce una procedura complessa, che comporta il rischio del blocco delle attività dei cantieri, oltre ad un aumento dei costi e dei tempi di lavoro per le imprese interessate».

Un altro interpello del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro recente – è del giugno 2021 – riguarda «la possibile esclusione dei dipendenti in smart working dalla base di computo dell’organico aziendale per la determinazione del numero dei soggetti disabili da assumere». In pratica si usa il telelavoro per assumere meno disabili.

C’è poi la recente richiesta all’Inps dei Consulenti del Lavoro di poter accedere alle posizioni previdenziali dei dipendenti. In questo modo la categoria farebbe concorrenza – sleale – ai patronati dei sindacati ma – soprattutto – sarebbe in grado di poter consultare i dati con evidenti rischi per i lavoratori.

L’esempio limite rende però bene l’idea: se un’impresa di 15 dipendenti fosse in difficoltà finanziarie e decidesse di tagliare sul costo del lavoro, l’accertamento da parte dei Consulenti del lavoro che uno dei lavoratori sia vicino alla pensione, permetterebbe all’azienda di proporre una buona uscita in cambio delle dimissioni del lavoratore. Una mossa che porterebbe l’azienda a scendere sotto i 15 dipendenti con tutte le normative semplificate anche sui licenziamenti.