La legge di stabilità vale 11,6 miliardi di euro e, secondo il governo, dovrebbe «riportare il Paese alla crescita», oltre a ricondurre il deficit sotto la soglia del 3%: per il premier Enrico Letta «al 2,5% nel 2014». Le prime notizie sono arrivate in serata da una conferenza stampa di Letta e dei principali ministri, in una pausa del consiglio, che è poi tornato a riunirsi, per concludersi a tarda notte. Il testo definitivo, quindi, si potrà conoscere soltanto oggi. Ovviamente la descrizione della manovra da parte dell’esecutivo è molto ottimistica, ma certo all’interno della maggioranza c’è stata più di una lite, sul tema della sanità, su quello della casa, sulle rendite finanziarie.

La manovra sui tre anni è di 27,3 miliardi di euro, dei quali appunto 11,6 nel 2014 (i rimanenti distribuiti nel 2015 e 2016). Il governo ha annunciato che grazie a questo impegno finanziario, calibrato soprattutto in una riduzione delle tasse (tra lavoro, imprese e cittadini), la pressione fiscale è destinata a scendere in tre anni di un punto: dal 44,35% fino al 43,3% nel 2016.

Da dove arriveranno le coperture per questi 27,3 miliardi? In buona parte da dismissione di beni pubblici e dalla spending review, quindi con tagli alla spesa pubblica, alle amministrazioni centrali, ai ministeri che il nuovo Commissario Carlo Cottarelli dovrà individuare. Il testo diffuso ieri dall’esecutivo spiega che: «1,1 miliardi verranno da introiti derivanti da operazioni volontarie dei contribuenti e dalla revisione della tassazione delle svalutazioni e delle perdite sui crediti degli intermediari finanziari; 1,4 miliardi dalla limitazione dell’elusione fiscale; 3,8 miliardi da aumenti dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari e da un intervento selettivo sulle cosiddette spese fiscali; 1,5 miliardi dalla vendita di immobili; 16,1 miliardi dal taglio della spesa pubblica».

Non aumenterà la tassazione sulle rendite finanziarie: l’aliquota non verrà quindi portata al 22%, come era stato annunciato in precedenza, ma resterà ferma al 20%. Sale però il bollo sulle attività finanziarie, il che porterà in cassa 900 milioni di euro.

Non ci saranno – almeno questo è stato dichiarato nel corso della stessa conferenza stampa – i paventati tagli alla sanità. Erano previste, in base alle indiscrezioni circolate fino a ieri mattina, sforbiciate tra i 2,6 e i 4,1 miliardi di euro, pare adesso del tutto azzerate. Si è deciso però di aprire un tavolo con le Regioni per un Patto per la Salute, dove verranno concordati «risparmi». Subito i governatori hanno espresso la propria soddisfazione. Pare anche essersi risolto il rebus dei 2 miliardi di copertura necessari per i ticket nel 2014: in serata è stato annunciato che sarebbero stati trovati. Se così però non fosse, questa voce, già diventata molto invadente per gli utenti del sistema sanitario, sarebbe destinata a rincarare.

Deludenti i tagli al cuneo fiscale: solo 2,5 miliardi nel 2014, quando ne erano stati annunciati 5 (e imprese e sindacati ne avevano chiesti almeno 10). I 2,5 miliardi sono così composti: 1,5 miliardi vanno alle detrazioni per i lavoratori, 1 miliardo è quanto destinato agli sgravi per le imprese; 40 milioni per l’Irap sulla quota lavoro; ci sono infine 13 milioni per l’Iva sulle cooperative sociali. Nei tre anni il taglio sarà pari a 10,6 miliardi (composti da 5 miliardi a favore dei lavoratori, e 5,6 miliardi per le imprese).

Gli industriali, in forza di questo taglio sul cuneo rispetto a quanto annunciato, ieri hanno aggravato la propria posizione sulla manovra: «Così com’è – aveva detto nel pomeriggio il presidente Giorgio Squinzi – ci allontana dalla ripresa».

Uno dei punti più scandalosi è l’aumento dello sconto ai concessionari di giochi e slot machines per aderire alla sanatoria, grazie all’approvazione, alla Camera, di un emendamento del governo al dl Imu. L’aliquota scende dal 25% al 20%,[ACM_2] e il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha giustificato la misura dicendo che è dovuta all’alta adesione registrata alla sanatoria.

Altri risparmi verranno da una misura di per sé piccola, ma che cambierà le nostre abitudini: le elezioni non si terranno più in due giornate, ma solo in una (la domenica); il che farà risparmiare allo Stato 100 milioni di euro ogni volta. Quanto ai Comuni, si è deciso di allentare il patto di stabilità, per una cifra pari a un miliardo di euro.

Infine c’è la «Trise», tassa ancora poco definita e che sarà più chiara in base al testo che potremo leggere da oggi: riunisce le tasse comunali per strade e illuminazioni, e quella dei rifiuti, ma contiene anche una parte patrimoniale (in carico al proprietario, anche quando l’immobile è affittato), che provoca le proteste del Pdl. I berlusconiani vorrebbero infatti fosse esentata del tutto la prima casa, senza delegare questa scelta alle eventuali disponibilità dei singoli comuni. Si dovrà capire quanto della Trise verrà scaricato sulle spalle degli inquilini.