«Se la risposta non ci sarà, continueremo con lo sciopero delle categorie, ma chiamando tutti i lavoratori». Susanna Camusso conclude così una giornata di grande mobilitazione: i lavoratori del pubblico impiego hanno invaso Roma, muovendosi da Piazza Repubblica a Piazza del Popolo, e toccando quota 100 mila persone. Con loro, come nelle grandi occasioni, le rappresentanze di tutti i settori: dai metalmeccanici agli edili, dagli alimentaristi ai chimici e ai precari, dal commercio fino ai pensionati. Perché, appunto, la parola che aleggia sopra tutte è: sciopero generale.

Lo chiedono tutti e 12 i lavoratori intervenuti dal palco prima dei segretari generali: medici, educatori, insegnanti, ricercatori, molti di loro precari, e lo chiedono indipendentemente che siano Cgil, Cisl o Uil. Lo urlano a fine intervento, e Piazza del Popolo applaude. Ma certo «sciopero» ha diversi significati, può essere declinato in più modi, ed è quello che vedremo nelle prossime settimane.

La segretaria della Cgil ha infatti fatto capire che punta a quello generale, di tutti i lavoratori («sciopero delle categorie, ma chiamando tutti i lavoratori»). Carmelo Barbagallo, segretario generale aggiunto della Uil, ha usato una formula un po’ meno universale: «Se non avremo risposte, dopo questa manifestazione andremo allo sciopero generale del pubblico impiego. E ci metteremo anche tutti i lavoratori che devono ancora rinnovare i contratti, circa sette milioni».

La segretaria Cisl, Annamaria Furlan, dal canto suo la parola «sciopero» non l’ha mai utilizzata intervenendo dal palco, ma ha detto che il sindacato «andrà avanti»: «E siamo pronti, quando si degneranno di aprire un confronto, a dare il nostro contributo. Ma se qualcuno pensa di non averne bisogno, oggi è solo il primo passo».

«Noi non accetteremo un nuovo blocco del rinnovo – ha proseguito Furlan – Nei 36 miliardi della manovra si devono trovare le risorse per contratti pubblici, scuola, sicurezza, sanità e sociale. Non bastano due slide e una consultazione online per fare le riforme».

Insomma, l’insoddisfazione dei lavoratori pubblici, con il contratto bloccato da 5 anni (dal 2009) e il salario decurtato dall’assenza di integrativo e di qualsiasi altro tipo di aumento, può fare da detonatore per una protesta più vasta: ma ancora non è il momento.

Camusso, Furlan e Barbagallo, appena finita la manifestazione, si sono riuniti per una «ristretta»: si è deciso che dopo le manifestazioni dei pensionati (5 novembre) e dei dipendenti pubblici, la palla passa al governo. Che dovrà dare un segno: altrimenti, allora sì, si passerà allo sciopero. Perlomeno quello del pubblico impiego, su cui le tre confederazioni sono concordi, perché l’esasperazione è massima.

Dall’altro lato, parallelamente, sia Camusso che Barbagallo starebbero svolgendo un’azione di pressing su Furlan: perché il percorso, comunque in tempi più dilatati, possa portare a uno sciopero generale. In Cgil peraltro sono a uno stadio avanzatissimo di mobilitazione: questo mercoledì, il 12, è previsto il Direttivo, e tutte le categorie scalpitano. Senza contare che Maurizio Landini e la Fiom saranno già impegnati in uno sciopero generale delle tute blu il 14 e il 21.

Susanna Camusso ormai è in pieno ed esplicito contrasto non solo con il governo e con le sue politiche, ma proprio con Matteo Renzi: ieri sfoggiava una maglietta con il disegno di una boccetta, con la scritta «Arrogance, profumo di premier». E al bavero aveva appuntata una spilla, a forma di gettone telefonico, con attaccato sopra il quadratino rosso simbolo della Cgil.

«Basta dilettanti allo sbaraglio – ha detto la segretaria Cgil – Basta promesse e annunci che non si realizzano. Servono risposte ora, non in un tempo lungo». «Il lavoro è la libertà delle persone – ha poi aggiunto riferendosi al Jobs Act – I diritti non si tolgono, si estendono».

Camusso aveva già spiegato ai giornalisti che «se ci sarà l’ok della Consulta al referendum sulla riforma Fornero proposto dalla Lega, la Cgil lo sosterrà». Matteo Salvini, dal canto suo, ha ricambiato la cortesia: «Bene che la Cgil vada oltre gli steccati ideologici».

Tornando alla Uil, Barbagallo ha ricordato che il suo sindacato ha già disdettato l’accordo sulla regolamentazione degli scioperi: un chiaro segnale che se non ci saranno risposte, i singoli comparti o anche i dipartimenti locali potranno mobilitarsi. Domani, nel corso del Consiglio confederale Uil, Luigi Angeletti presenterà le sue dimissioni, e nel contempo verrà indicato Barbagallo come candidato ufficiale a succedergli: il tutto verrà approvato al Congresso (dal 19 al 21).