Che l’Europa, per esistere come spazio politico, debba reinventarsi è un assunto difficilmente contestabile, se non a partire da un’idea mortifera che l’ha condannata a essere un territorio sempre più diviso e povero, assediato e strangolato dalle politiche monetarie delle banche internazionali. Che questa reinvenzione debba passare attraverso uno sforzo di grande immaginazione, estetica e politica, è altrettanto evidente. E qui l’opera d’arte può giocare un ruolo sociale decisivo, al di là dello stesso sistema dell’arte.

ATTRAVERSANDO con attenzione le piazze delle nostre città ci accorgeremo che queste sono zeppe di monumenti ai caduti e ai patrioti, orribili sepolcri sacrificali che celebrano le politiche di morte promosse dal capitale «nazionale» e dalle sue guerre gestite dalle classi dirigenti, ovvero dal «lavoro intellettuale» contro il «lavoro manuale», dal «lavoro morto» contro il «lavoro vivo». Che i partiti socialisti abbiano votato i crediti di guerra durante il primo conflitto mondiale continua a essere una macchia vergognosa che testimonia tutta la psicopatologia tragica del secolo passato. Ecco, quelle opere sarebbe bene abbatterle una per una e sostituirle con dei monumenti all’immaginazione e alla forza creativa.

E QUESTO FA DAVIDE DORMINO con il suo ultimo lavoro intitolato Naviganti – Monumento all’immaginazione, installato a Piazza Copernico, nel quartiere Pigneto di Roma, fino al prossimo 30 giugno. Sette grandi remi sono poggiati su un muro e si levano verso il cielo, ossia verso l’azzurro infinito del mare, dalla murata di una nave che fende le acque. Un’opera che capovolge la realtà visiva, come quella sociale, dove il diritto di fuga e la libertà di movimento vengono negati dall’innalzamento continuo di muri e reti, confini fisici e immateriali, che trattengono i corpi e le menti di chi vuole attraversare liberamente l’Europa, e di chi, dall’altra parte e al contrario, pensa di farne un baluardo identitario e sovrano da difendere con le politiche della paura.

SETTE REMI, come sette sono le stelle dei naviganti, e sette le virtù e i peccati, un numero «magico» per eccellenza, dove la magia altro non è che riattivazione dell’immaginazione critica contro il finto realismo che nega quel «possibile» che solo non ci fa soffocare. Tutto è possibile, afferma invece quest’opera, che attraversa quella potenza che da Frankenhausen arriva fino a Non una di meno e ai movimenti migranti, passando per il Maggio parigino e il ’77 italiano. Tutto, e quindi anche disertare, come ci invita a fare sempre Dormino in una plaquette ispirata alla famosa canzone antimilitarista di Boris Vian, appena pubblicata da Vacuum Editions–Edizioni Sottovuoto, e stampata dall’Opificio della Rosa in 100 copie numerate.

DISERTARE LE POLITICHE securitarie e le ossessioni identitarie che vanno a braccetto con le tanatopolitiche neoliberiste, ma disertare anche da sé stessi e dalla malsana e disgraziata idea di autenticità attorno alla quale tanto insisteva il nazi della Foresta Nera. Disertare dai ruoli, come già fece negli anni ’70 quella forza lavoro giovanile che fuggì dalle fabbriche e come fecero gli operai americani che a metà ’800 scelsero la frontiera e una nuova vita. Infine, ci ricorda Dormino, disertare è necessario per imparare a navigare, e quindi a cospirare, ovvero a respirare insieme.