In Brasile, l’arena politica s’infiamma, tra conta dei voti e accuse incrociate: il 26 ottobre, secondo turno delle presidenziali, i cittadini devono scegliere tra Dilma Rousseff e Aecio Neves. La direzione del Partito socialista brasiliano (Psb), che ha candidato alla presidenza Marina Silva ha deciso: appoggerà il conservatore Neves, che corre per il Partito della social democrazia brasiliana (Psdb) e che ha ottenuto il 33,55 % dei voti: secondo dietro l’attuale presidente Rousseff (41, 59%), del Partito dei lavoratori (Pt). Fuori dalla competizione, invece, Silva il cui 21% è ora ambito dai due sfidanti.

In una riunione a Brasilia, 21 dei 29 membri della direzione del Psb hanno scelto di appoggiare Neves, sette si sono mantenuti neutrali e solo uno ha annunciato che voterà per Rousseff. Anche altre due piccole formazioni, il Partito social cristiano (Psc) e il Partito verde (Pv), che il 5 ottobre hanno presentato propri candidati voteranno per Neves. Il primo a esprimersi, nel campo dell’alleanza per Silva, era stato il Partito popolare socialista (Pps). Ancora prima che la decisione del Psb fosse ufficiale, Neves ha ringraziato tutti per il sostegno ricevuto e ha sollecitato Marina Silva a prendere posizione.

Quest’ultima non ha lasciato dubbi sulle sue preferenze: di sicuro mai col Pt, che ha contribuito a fondare e poi ha abbandonato nel 2008, e di certo non più neutrale come nel 2010, quando gli oltre venti milioni di voti che ottenne al primo turno (il 19%) contribuirono in parte alla vittoria di Rousseff, in parte andarono al perdente José Serra. Non è però arrivato l’annuncio ufficiale. Su consiglio del suo ispiratore Henrique Cardoso (ex presidente e membro del Psdb), Silva sta aggiungendo un altro tocco di stile per confondere le acque di questa campagna: ha tirato in ballo i problemi ambientali dell’Amazzonia, le rivendicazioni dei nativi e le proteste del Movimento dei senza terra (Mst) come elementi da inserire nel programma dei candidati per ottenere il loro appoggio.

Fumo negli occhi perché, pur con tutti i limiti, Lula e Rousseff hanno già accolto le rivendicazioni della piazza, che si è fatta sentire dal giugno 2013. Che poi Rousseff riesca a essere conseguente con le promesse, dipende da un gioco politico più complesso: anche perché in parlamento e in senato è aumentato il numero degli eletti di stampo ultraconservatore, alcuni dei quali razzisti e omofobi e convinti della necessità di abbassare l’età della punibilità. Di certo, però, non sarà il campo neoliberista e conservatore rappresentato da Neves (e da Silva) che potrà rispondere alle esigenze della parte più povera del paese: quella che, nel nord e nel nord-est del Brasile, non a caso ha espresso una forte preferenza a Dilma.

Dal canto suo, il movimento dei Sem Terra è sceso in campo per Dilma, apertamente. Un appoggio «non subordinato» con la richiesta di «una Costituente subito» che riformi il sistema politico: bisogna sconfiggere la destra, evitare un ritorno indietro – dice il Mst – «non si può esitare». Dello stesso avviso movimenti e sindacati che stanno manifestando appoggio alla presidente.

La quarta classificata alle presidenziali del 5, Luciana Genro, del Partito socialismo e libertà (Psol), formato da fuoriusciti dal Pt, si è dichiarata neutrale, ma ha escluso che l’1,6 milioni di voti raccolti (l’1,55%) possano andare al candidato conservatore. «Sappiamo che Neves, il suo Psdb e i suoi alleati sono i rappresentanti più diretti degli interessi della classe dominante e dell’imperialismo in America latina», ha detto. E tuttavia, per il Psol «Dilma è lontana dal desiderio di cambiamento espresso dalle piazze». Genro ha invitato perciò il suo partito a «votare in bianco, ad annullare il voto oppure a votare Dilma».

Rousseff conta sull’appoggio del Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb), una delle maggiori forze elettorali del paese e su quella di altre sette formazioni minori. In questi giorni ha intensificato la campagna nelle regioni del nord-est per spiegare nuovamente il suo programma in termini di sanità, istruzione e trasporti pubblici, temi al centro delle proteste del 2013. Ha accusato l’opposizione di aver un «pregiudizio» verso i poveri e ha ripreso un’altra rivendicazione della piazza: «Se non avanziamo in una riforma politica che ponga fine al finanziamento privato delle campagne elettorali – ha detto – sarà molto più difficile combattere la corruzione».

Al suo fianco, il predecessore Lula ha rispedito al mittente le accuse di corruzione, rilanciate da Neves dopo le confessioni di un ex direttore della petrolifera Petrobras: «da che pulpito…», ha detto in sostanza Lula al Psdb.