Il tentativo di Luigi Di Maio e dei vertici del Movimento 5 Stelle di stringere i gruppi parlamentari in una morsa fatta di realpolitik, attraverso il giro di vite sulla questione delle restituzioni di parte dello stipendio, sembra completamente fallito. Di più: il malessere che da mesi circola sempre meno sottovoce tra i parlamentari e che non riusciva a condensarsi in proposte concrete all’improvviso diventa cogente. Il tutto viene fuori dalla riunione dei senatori grillini, dalla quale si attendeva la presentazione di un documento che alcuni «critici» stanno preparando da tempo, per riscrivere lo statuto del gruppo a Palazzo Madama e conferire più poteri alla base degli eletti.

L’ESITO VA OLTRE le aspettative: i senatori del M5S consegnano all’assemblea congiunta dei parlamentari cui partecipa Luigi Di Maio un documento intitolato «Manifesto per il miglioramento del Movimento 5 Stelle» che piccona l’establishment grillino. Viene diffuso a nome di tutto il gruppo, perché, spiega un senatore, «anche se una minoranza dissente vogliamo evitare la conta interna e la contrapposizione per schieramenti». A fine giornata, mentre si riempie l’aula dei gruppi alla camera che ospita l’assemblea congiunta, i vertici provano a smontare la faccenda, dicono che i temi posti dal documento «scritto solo da tre senatori» (Primo Di Nicola, Emanuele Dessì e Mattia Crucioli, che lo hanno promosso) non sono all’ordine del giorno: tutto è rimandato a dopo le elezioni regionali, quando si terranno gli «stati generali» del M5S, passaggio sempre più fondamentale per la rigenerazione del grillismo.

DAL CANTO LORO, i senatori assicurano «spirito costruttivo» ed elogiano Di Maio per i traguardi raggiunti, ma sembra una formula retorica. Chiedono maggiore collegialità contro l’uomo solo al comando, la fine dei «doppi incarichi» ministeriali e dentro al M5S, una gestione più condivisa della comunicazione a partire dal Blog delle Stelle. Colpiscono la piattaforma Rousseau, che definiscono senza mezzi termini un «corpo estraneo» rispetto alla vita quotidiana del Movimento. Sarebbe un dato di fatto, vista la bassa affluenza alle consultazioni telematiche e l’ormai strutturale penuria di iscritti, ma è clamoroso che siano i parlamentari stessi a dire che lo strumento digitale gestito da Davide Casaleggio, presente all’assemblea serale coi suoi fedelissimi, è poco più che un feticcio: il re virtuale è nudo.

CE N’È ANCHE per il «capo politico» e ministro degli esteri. «La sovrapposizione delle cariche sta determinando concentrazione di potere e criticità ormai incomprensibili sia per la nostra base che per i cittadini in generale – sottolineano i senatori – Per questo, fin da subito, dobbiamo cominciare a pensare ad un organo dirigente del M5S che sia rappresentativo delle tante sensibilità politiche che compongono e animano il Movimento stesso (e ne sono la sua forza)».

A proposito della collocazione politica, il documento rimarca la natura del M5S «come forza profondamente riformista, capace di confrontarsi in maniera aperta e propositiva con tutte le forze progressiste esistenti, siano esse presenti in parlamento che fuori, soprattutto alla luce dei cambiamenti apportati agli assetti istituzionali con la riduzione del numero dei parlamentari e con la legge elettorale che si avvia ad essere profondamente riformata». Anche se, mettono le mani avanti i senatori, «come forza democratica, post-ideologica e in ascolto di tutte le istanze politiche e territoriali, il M5S interloquisce e dialoga anche con le migliori espressioni dell’area culturale sovranista, pure se profondamente alternative al nostro sentire, ma che non trovano ascolto e comprensione in un centrodestra sempre più dominato da pulsioni autoritarie e qualunquiste».

QUANTO ALLE RESTITUZIONI, i senatori rivendicano la necessità che i soldi versati vengano utilizzati anche per finanziare la macchina organizzativa del Movimento e la sua struttura digitale, cosa che avvicina ulteriormente i 5 Stelle ai partiti tradizionali. Su questo tema hanno detto la loro anche i deputati. Durante la riunione a Montecitorio si è deciso che i due capigruppo Gianluca Perilli e Davide Crippa subentreranno nel comitato che gestisce le rendicontazioni. Crippa avrebbe aperto alla possibilità di adottare un regime forfettario per le restituzioni, come chiedono da tempo molti eletti.

Intanto, altri due deputati transitano al gruppo misto. Si tratta di Rachele Silvestri e Massimiliano De Toma. Loro più di altri sono sospettati di muoversi come testa di ponte verso il soggetto ambientalista cui vorrebbe dar vita l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti.