Se la danza è di gesto in gesto anche l’incontro vitale con lo spazio in cui abita, non c’è dubbio che il respiro del movimento tra azione e sospensione vissuto in certi luoghi abbia la capacità di raggiungere il pubblico con uno speciale tocco. Un’esperienza appartenuta al debutto della versione site specific di Satiri di Virgilio Sieni in Sicilia, ideata per la prima edizione del Segesta Teatro Festival diretto da Claudio Collovà.La luce è ancora chiara all’orizzonte: sono le 19.30 di una sera di fine agosto. La camminata verso il Teatro Antico, raggiunto dall’alto, è già di per sé un abbraccio armonico con la natura, una sensazione che si apre nel corpo mentre lo sguardo si allunga verso lo spazio della scena e sulle colline che digradano verso il mare apparso in lontananza.
Seduti sugli spalti semicircolari di pietra, si attende che inizi lo spettacolo. Lo apre il passo silenzioso di Noemi Berrill, che a piedi nudi, in abito lungo, arriva con il suo violoncello per sedersi di fronte al leggio al centro della scena. Tra le rocce e i ciuffi di verde alle sue spalle, dalle colline retrostanti lo spazio orchestico, i due danzatori, Jari Boldrini e Maurizio Giunti, arrivano camminando. Giunti porta sul capo la maschera di una testa di capretta.

I Satiri, foto di Francesco Panasci

Il loro avanzare elimina nell’immaginario del pubblico il confine tra lo spazio della finzione scenica e la realtà del paesaggio all’imbrunire. Da Segesta fino a Castellammare del Golfo ciò che si apre alla vista accoglie e trasforma il gesto e la sua percezione. Berill accompagna la musica con il suono della voce, quasi un’introduzione che anticipa l’amato Bach (Suite n. 3 in Do Maggiore e Suite n. 4 in Mi bemolle maggiore), per Sieni compositore che ci trasporta come nessun altro in una geometria del suono, una guida per danzatori nomadi che indica, come in un piano urbanistico, i sentieri da percorrere.

Tra le rocce e i ciuffi di verde alle sue spalle, dalle colline retrostanti lo spazio orchestico, i due danzatori, Jari Boldrini e Maurizio Giunti, arrivano camminando. Giunti porta sul capo la maschera di una testa di capretta.

I SATIRI del titolo affondano le loro radici in un’attenzione archeologica alle origini del gesto, qualcosa, seguendo l’intuizione del coreografo, che l’uomo ingloba naturalmente nella sua capacità articolare, nella costituzione scheletrica, nella possibilità di emozionarsi e emozionare, nel desiderio di vicinanza con gli altri. Un gesto da ritrovare, quasi sorprendesse dall’interno del corpo con la sua ancestrale bellezza. I due danzatori si scrutano, gli occhi della maschera di capra incontrano gli occhi del danzatore a testa nuda, i corpi si fronteggiano e si rispecchiano nel movimento dell’altro in un gioco mobile di simmetrie e asimmetrie.
È uno studiarsi tattile, che porta al contatto, una danza per dermatoglifi, segnalano le note di presentazione, una danza d’impronte nello spazio e nell’aria che dalle mani si espande ai corpi interi. La testa di capra sembra mutare espressione e sentimento a ogni inclinazione della testa, chiusura e apertura di spalle, cedimento al passo. Nella relazione emerge la cura: è un passo a due in cui la relazione con l’altro è fiducia nel corpo e nel gesto, l’uomo-animale, che dalla testa di capra vede pochissimo di ciò che accade di fuori, si affida al compagno, i corpi danzano insieme, distesi a terra, accucciati, in piedi, un accoglimento vigile e affettuoso nella delicatezza del contatto.
Berill ricomincia a cantare. Boldrini sale tra gli spalti con in spalla Giunti, l’uomo-animale. Gli occhi della maschera capra incontrano quelli degli spettatori, il passo di Boldrini è guardingo sugli scalini di pietra mentre la luce naturale si abbassa sul paesaggio sfumando dentro quella teatrale.

I Satiri, foto di Francesco Panasci

ORMAI è notte. Il paesaggio è avvolto nel buio, ma ancora si distingue nelle curve delle colline. Lontano, sulla sinistra, rosseggia, inquietante, un incendio. La testa di capra è tolta dal capo. Silenzio. Berrill si sposta dal centro sulla destra. Lo spazio della danza acquista una nuova dimensione. Ritorna Bach. Il pavimento di danza si è fatto scivoloso, ma i due danzatori sfidano l’umido e si corre lasciando che la gestualità mobile e sincrona, parcellizzata del movimento in coppia, viva nelle articolazioni. E se pur trattenuta dall’esplosione più ampia che in altri contesti più secchi potrebbe avere, la danza respira con la musica di Berrill, fecondo flusso energetico nei due satiri contemporanei, uguali e differenti nell’affidarsi ai rischi della vita e del momento. Applausi generosi alla qualità di un gesto poetico e musicale che la relazione intensa con il territorio e la natura amplifica sollecitando riflessioni sul rapporto con l’ambiente di cui oggi più che mai non si dovrebbe essere dimentichi.
Le prossime tappe di Satiri prevedono un nuovo site specific e una ripresa in teatro. La prima è imminente, al Festival Danza Urbana di Bologna questo sabato, all’interno dell’ex Chiesa di San Mattia, la seconda è prevista il primo di ottobre al Festival Città delle Cento Scale di Potenza. Nel frattempo Sieni ha in corso questa settimana il progetto con i cittadini sul Trionfo della Morte  a Palazzo Abatellis a Palermo, seguito a Firenze dal 13 al 17 dalla sesta edizione dei Cantieri Culturali Isolotto. Tra gli ospiti Cindy Van Acker, Annamaria Ajmone, Giuseppe Comuniello.