La perfettibilissima e pericolosa “democrazia online” predicata dal Movimento 5 Stelle ha già interferito altre volte con la democrazia parlamentare, piuttosto malconcia di suo. Con esiti a volte modesti o ridicoli, ma altre volte interessanti e sempre discutibili.

Il battesimo del fuoco si è tenuto dal 3 al 6 dicembre 2012, le cosiddette “parlamentarie”, due mesi prima dello tsunami grillino. 95 mila voti per indicare 1.400 candidati.Tutti sconosciuti, dovevano avere pochi requisiti: nessuna condanna penale, non aver fatto due mandati elettivi, non essere iscritti ad altri partiti e risiedere nella circoscrizione elettorale dove sono stati votati. Flop o democrazia dal basso? A parte le difficoltà di accesso alla rete e la scarsa trasparenza, la principale obiezione riguardava i numeri: considerati i votanti, i candidati sono stati scelti in media da meno di 70 persone, un circolino privato incollato ad internet. Di straordinario, invece, l’età media sui 30 anni e la netta affermazione delle donne .

Lo stesso sistema di selezione dei candidati è stato utilizzato per le successive elezioni locali, ma nessun esperimento ha avuto l’eco delle cosiddette “quirinarie”, quando il 15 aprile 2013 i militanti sono stati chiamati a scegliere il candidato presidente. 28.518 voti ripartiti tra personalità piuttosto popolari a sinistra (Gabanelli, Strada, Rodotà, Zagrebelsky, Imposimato, Bonino, Caselli, Prodi e Fo). Rodotà accettò la candidatura, poi sappiamo come è andata a finire.

Il voto online è stato poi utilizzato anche per dirimere questioni più specifiche, l’ultima è storia recentissima con un sondaggio per chiedere lumi sui provvedimenti necessari per risolvere il sovraffollamento delle carceri: su 34 mila risposte, solo il 2% dei lettori del blog ha indicato l’amnistia e l’indulto (il 32% vorrebbe far scontare in patria la pena ai detenuti stranieri, il 30% la depenalizzazione dei reati minori).

Il popolo pentastellato della rete, infine, altre volte si è fatto trascinare al voto con un filo di bava alla bocca. C’erano da definire un paio di epurazioni: pollice verso per Marino Mastrangeli (88%), il parlamentare che era andato in tv senza chiedere il permesso, e per Adele Gambaro (65,8%), lei aveva criticato Grillo dopo un flop elettorale.