Con il Congresso delle famiglie a Verona alle porte e il Ddl Pillon all’orizzonte, l’oscurantismo più bieco torna a incombere sulla libertà dei corpi e delle persone. In Italia – e non solo – la rinnovata polemica sull’incendiaria scena del burro di Ultimo tango a Parigi è un buon esempio di un presente che fa apparire fin troppo vicini gli anni in cui il film venne dato letteralmente alle fiamme e Bertolucci condannato, e privato dei diritti civili per 5 anni, per offesa al comune senso del pudore. E se di recente Raidue ha riproposto il film a lungo bandito senza censure, poche settimane dopo la stessa rete ha mandato in onda The Wolf of Wall Street di Scorsese massacrato dalle sforbiciature censorie , al punto da rendere incomprensibile buona parte del film.

SE DA UN LATO prodotti come Sex Education si oppongono naturalmente a questa deriva reazionaria non solo italiana (negli Usa Trump ha appena annunciato che bloccherà i fondi a Planned Parenthood), dall’altro assistiamo a una sempre più frequente confusione fra i piani dell’immaginario e della realtà, a un puritanesimo che irrigidisce le categorie del «politically correct» in forme che invece di opporsi all’oscurantismo dilagante ne elaborano una versione più strisciante. Come fanno coloro che analizzano tutta la cinematografia di Woody Allen cercando in essa una conferma del costume da mostro cucita addosso al regista, mentre I Love You Daddy di Louis CK (colpito da accuse di molestie) è direttamente scomparso nel nulla – come anche, per ora, l’ultimo di Allen – ma è stato comunque stroncato alla luce della sua supposta conformità alla «perversione» del suo autore.

INOLTRE per far fronte a razzismo, maschilismo e discriminazioni sempre più spesso si risponde con formule «corrette», studiate a tavolino e sterilizzate da ogni complessità: pochi anni fa, un film come Elle di Paul Verhoeven ha ricevuto moltissime critiche per aver osato addentrarsi in modo «non convenzionale» nel tabù dello stupro. Ma la libertà dell’immaginario non può essere imprigionata da formule o quote, parallelamente a come – per fare un altro dei tanti esempi di questi ultimi anni – la complessa vicenda giudiziaria di Roman Polanski non può in alcun modo tradursi nel boicottaggio della sua opera da regista.

Ultimamente, la depurazione in senso politicamente corretto dell’immaginario ha anche effetto retroattivo: alcune scuole Usa hanno bandito classici della letteratura come Huckleberry Finn e Il buio oltre la siepe perché in essi appare ripetutamente la parola «nigger». Come se il contesto storico un’opera non fosse parte del bagaglio di competenze da trasmettere gli studenti.