Nella famiglia Duchamp quattro su sei fratelli divennero artisti affermati: ma il più famoso tra loro, Marcel non amava molto questa definizione. In effetti è ancora oggi difficile etichettare l’opera dell’artista francese, che è stato esponente delle correnti espressive più importanti del XX secolo: più semplice forse è ricostruire le tappe creative del suo percorso personale e innovativo che ha rivoluzionate il concetto stesso di opera d’arte e conseguentemente stravolto il nostro modo di guardare e percepire l’arte. Lo fanno con la biografia a fumetti Marcel Duchamp- una vita ready made Sergio Rossi e l’illustratore Emanuele Racca: il libro, uscito di recente per Centauria, è un elegante cartonato chiaro che racchiude la storia delle opere emblematiche di Marcel Duchamp, dal momento silenzioso in cui affiora l’idea originaria, alla riflessione e confronto con gli amici, e infine alla realizzazione e ricezione dell’opera. L’ironica austerità e la creatività assoluta, educata e colta dell’artista francese, dipinta qua nei toni del blu, è lo sfondo di una vita punteggiata da innumerevoli amicizie, presenti in questo racconto che ci restituisce un ritratto breve ma molto efficace del genio duchampiano di cui abbiamo parlato con gli autori.

La proposta di lavorare su Marcel Duchamp arriva dal vostro editore Balthazar Pagani. Cosa vi ha convinto ad accettare e come è cambiata la vostra conoscenza e visione dell’artista francese durante la creazione del fumetto?
Sergio Rossi: Per me la scelta di scrivere su un argomento nasce anche dal desiderio di conoscerlo e di colmare le mie galassie di ignoranza. Lo stesso è successo con Duchamp: di lui conoscevo solo le sue opere più famose come la Gioconda con i baffI, la partecipazione al film Entr’acte di René Clair, la passione per gli scacchi e l’alter ego Rrose Selavy, quindi ho approfittato della proposta di Balthazar Pagani per andare a studiare le sue opere, i suoi scritti e quello che hanno scritto su di lui. È stato un bellissimo viaggio che mi ha permesso di scoprire una personalità molto più complessa di quanto potessi immaginare che ha segnato l’arte in maniera indelebile.
Emanuele Racca: Già prima della proposta di Balthazar seguivo con piacere la collana di Centauria dedicata ai grandi artisti. Non sono nuovo al fumetto di realtà ma non avevo mai lavorato su una biografia. Quando ho saputo che avrei avuto come partner Sergio, e che l’artista in questione era Marcel Duchamp, la scelta di accettare è stata naturale. Duchamp è un personaggio enorme, conosciuto dai più solo per una piccola parte delle sue opere e del suo percorso. Lavorando sulla sua vita ho avuto modo di approfondire un artista cardine dell’arte del ‘900 che ha segnato in maniera indelebile l’evoluzione del concetto stesso di arte.

Conosciuto principalmente per il concetto di ready made, Duchamp è stato anche pittore e cineasta: ha attraversato le avanguardie artistiche del ‘900 senza appartenere a nessuna corrente in modo definitivo. Che idea vi siete fatti di questo percorso esemplare?
S.R. La mia risposta va presa con la dovuta cautela, ma credo che da un lato Duchamp si stancasse presto di quello che faceva-infatti ha realizzò pochi quadri e poche opere- dall’altro che non volesse essere costretto dal mercato dell’arte a allestire continuamente nuove mostre e creare opere, confondendo anche i suoi ammiratori, come nel caso de Il grande vetro, La boîte verte o Etant Donneés.
E. R. Duchamp è stato un outsider, ha partecipato ed ha influenzato praticamente tutto ciò che è accaduto nella sua epoca, senza mai adagiarsi o accettare etichette. La sua è stata una ricerca continua, che non si è fermata nemmeno quando si è allontanato dal mondo dell’arte. Credo abbia affrontato ciò che lo circondava con ironia e sarcasmo, ridendo persino dei suoi stessi successi.

Come ha influenzato l’eterogeneità nella produzione duchampiana la struttura del libro?
(S.R.) L’ha influenzata molto. All’inizio non è stato facile trovare il filo narrativo perché Duchamp ha spaziato in tanti campi per tutta la sua vita al punto che la sua biografia sembra una pastasfoglia che si arrotola continuamente su sé stessa. Alla fine ho preso come punti di riferimento alcune delle sue opere principali e ho fatto ruotare intorno a ciascuna di queste la biografia del loro creatore, dandomi la possibilità di andare ogni volta avanti e indietro nel tempo, e mostrare più volte anche gli stessi personaggi ma sotto differenti punti di vista. L’ultimo episodio sembra fare eccezione, ma invece è perfettamente in linea con il resto, dato che narra della creazione di un’opera duchampiana, ma anni dopo la morte di Duchamp.

Duchamp afferma «sono artista senza saperlo»: nonostante il successo dirompente del suo lavoro, Marcel continua a essere un giocatore professionista di scacchi e ad insegnare francese. Rifiuta l’arte «retinica»- quella apprezzabile solo dalla vista- si inventa un alter ego femminile. Mi sembra che si vada oltre la messa in discussione dello sguardo autoriale tipica del surrealismo. Che ne pensate?
(S.R) Duchamp ha messo in discussione il concetto di arte e il ruolo dell’artista sia nelle conferenze che teneva, sia con le proprie opere, e non a caso la maggior parte delle parole che il personaggio Duchamp pronuncia nel fumetto sono tratte dalle sue interviste o dai suoi articoli e sono ancora oggi attuali e precise. Credo che avesse capito benissimo la perdita dell’aura magica dell’opera d’arte nel XX secolo, che ha ben descritto Walter Benjamin: se avesse voluto, sarebbe diventato miliardario producendo in serie i suoi ready-made. Come abbiamo mostrato nel nostro racconto, se Duchamp avesse assecondato il mercato, molto probabilmente i rapinatori de La casa di carta indosserebbero la maschera della Gioconda con i baffi e non quella di Dalì: quest’ultimo, grande artista e anche grande venditore di sé stesso, ora è più famoso più per la partecipazione dei suoi baffi a un serial che non per la sua opera. A Duchamp è accaduto l’opposto.
(E.R.) Credo che non aver mai fatto parte di una corrente artistica specifica gli abbia permesso di avere sempre un pensiero libero, senza costrizioni di sorta. Questa libertà assoluta di pensiero, unità alla genialità e al suo sarcasmo hanno dato vita al Duchamp che conosciamo oggi. Se fosse mancato uno di questi tre elementi forse ora non saremmo qui a parlare di lui.

Emanuele, come hai lavorato con Sergio e quali sono i criteri dietro alle tue scelte grafiche e cromatiche?
Collaborare con Sergio è stato molto stimolante, per tutta la lavorazione mi ha fornito materiali di documentazione, foto, video, interviste e articoli, aiutandomi a immergermi nel mondo di Duchamp. Non sempre lavorare in coppia è facile, ma Sergio è un professionista e ha saputo mettermi a mio agio. Ho deciso di disegnare il libro con una sintesi che permettesse di interpretare il personaggio per quel che è, senza aggiungere troppi orpelli visivi che avrebbero potuto sviare il lettore dalla storia principale. I colori sono usciti in modo naturale, ogni volta che affronto un nuovo progetto rifletto sui colori che mi comunica la storia o il personaggio, questa volta il blu e il verde mi sono sembrati la scelta migliore e hanno convinto anche Sergio e Balthazar, spero convincano anche i lettori!