I qaedisti di Al Nusra all’offensiva al sud
Siria Israele spettatore interessato di quanto accade a ridosso del Golan dove il ramo siriano di al Qaeda ha conquistato il valico di Quneitra e tiene in ostaggio oltre 44 caschi blu delle Fiji.
Siria Israele spettatore interessato di quanto accade a ridosso del Golan dove il ramo siriano di al Qaeda ha conquistato il valico di Quneitra e tiene in ostaggio oltre 44 caschi blu delle Fiji.
Resta paralizzata la situazione ai piedi delle Alture del Golan siriane. Deciso a far sentire la sua voce, alzando il tiro anche contro le forze internazionali, il Fronte al Nusra, ramo siriano di al Qaeda, ha prima rivendicato il sequestro di oltre 40 caschi blu (Undof) delle Fiji e ora chiede come riscatto la sua rimozione dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche delle Nazioni Unite, aiuti per le sue roccaforti nei pressi di Damasco e risarcimenti economici per tre dei propri membri rimasti feriti negli ultimi giorni. La liberazione dei militari delle Fiji perciò non appare imminente nonostante le intense trattative che vanno avanti da giorni.
Stretto alleato dell’Esercito libero siriano (Els), la milizia agli ordini della Coalizione Nazionale dell’opposizione, il Fronte al Nusra è simile, ideologicamente, allo Stato Islamico. Entrambe le organizzazioni, figlie di al Qaeda, si rifanno al salafismo più rigido e puntano alla costruzione del Califfato. Tuttavia il comandante di al Nusra, Abu Mohammad al Joulani, a differenza del suo rivale Abu Bakr al Baghdadi, l’emiro dello Stato islamico, ha una agenda più “nazionale”. Joulani e al Baghdadi sono nemici giurati e i jihadisti di al Nusra e dello Stato Islamico si combattono da oltre un anno senza sosta per il controllo di vaste aree della Siria. Al Joulani, su ordine del capo di al Qaeda, Ayman al Zawahry, ha stretto più di due anni fa un’alleanza strategica con l’Els, armato e generosamente finanziato dai principali paesi del gruppo degli “Amici della Siria”. Alleanza che ha consentito ad al Nusra, che pure figura nell’elenco internazionale delle organizzazioni terroristiche, di guadagnarsi una sorta di immunità agli occhi di diversi governi occidentali.
Nella Siria meridionale si deciderà con ogni probabilità il futuro della guerra civile in un paese che già vede il 30-35% del suo territorio e l’80% delle sue risorse petrolifere nelle mani dello Stato Islamico. I comandi delle forze armate governative sono consapevoli della posta in palio e stanno tentando, anche con raid aerei spesso indiscriminati, di riprendere il controllo della città vecchia di Quneitra e dell’omonimo valico sulle Alture del Golan, unico punto di transito tra la Siria e Israele, conquistato nei giorni scorsi da al-Nusra insieme alla Brigata Falluja-Houran, il Fronte Rivoluzionario Siriano, Saraya al-Jihad, Bayt al-Maqdis e Ahrar al-Sham. Damasco ha inviato rinforzi alla 90esima Brigata e alla Settima Divisione per impedire la conquista anche della nuova città di Quneitra e per rendere più forti le linee governative a Khan Arnaba e Hamdani. Da tempo si parla di una grande offensiva, nota come “La Promessa Sincera”, di jihadisti ed Esl (riforniti di armi e addestrati in Giordania, anche da “consiglieri” militari Usa) che da sud dovrebbe puntare a conquistare Damasco che dista meno di 100 km.
Che attraverso la nuova offensiva militare al Nusra stia cercando anche di contenere la popolarità intrisa di sangue dello Stato Islamico nel nord della Siria, è confermato dal fatto che è riuscito a mobilitare fazioni islamiche rimaste assenti per mesi dai combattimenti nella regione meridionale, in particolare a Daraa. I qaedisti, dopo le sconfitte subite nel centro del Paese e lungo il confine con il Libano, sono tornati a farsi sentire anche a nord di Damasco, nella zona di Hama, e hanno lanciato un attacco a sorpresa contro il villaggio cristiano di Mhardeh. Si combatte di nuovo anche a Ghouta Est dove le brigate di Jaysh al-Islam, Ajnad al-Sham, Al-Rahman Legion, Alhabib al-Mustafa e Ahrar al-Sham si sono fuse in un unico gruppo armato sotto il comando di Zahran Alloush, il leader del Fronte Islamico. Si tratta del raggruppamento creato e armato dall’ex capo dell’intelligence saudita Bandar bin Sultan per unificare le forze islamiste che combattono l’esercito governativo, ad eccezione di al Nusra perchè incluso nella lista internazionale delle organizzazioni terroristiche (per non creare imbarazzi agli alleati americani). Da più parti però si parla di finanziamenti e armi che dal Golfo sono arrivati anche ad al Nusra. In ogni caso anche le formazioni che fanno parte del Fronte Islamico puntano alla costituzione di un Califfato ed esaltano il jihad. Non è di natura ideologica la differenza che separa lo Stato Islamico, il Fronte al Nusra e il Fronte islamico. E’ legata solo a chi paga lo stipendio ai miliziani.
Lo Stato di Israele nel frattempo un po’ fa lo spettatore e un po’ interviene. E non solo con i suoi raid aerei contro presunti convogli di armi che dalla Siria andrebbero ai guerriglieri del movimento sciita libanese Hezbollah. Il governo Netanyahu nei mesi scorsi ha aperto un ospedale da campo sul Golan per curare, ufficialmente, i civili siriani rimasti feriti nei combattimenti sull’altro versante delle linee di armistizio. In realtà i medici militari hanno curato in prevalenza miliziani anti-Assad. L’ospedale, lo scorso febbraio, è stato visitato anche dal primo ministro. Tel Aviv non sa se augurarsi la caduta di Bashar Assad o la sua permanenza al potere ma indebolito. La priorità di Israele resta la conferma dello status attuale del Golan, ossia l’occupazione, in ogni circostanza. Da tempo circolano voci su contatti tra gli israeliani e i ribelli siriani allo scopo di dare vita ad una sorta di “zona cuscinetto” in territorio siriano, a protezione del Golan occupato.
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