Avevamo lasciato Ethan Hawke in Boyhood alle prese con un viaggio nel tempo, quello della vita al presente che giorno dopo giorno si lascia alle spalle un passato che non può cambiare e che, a venire, propone un futuro sempre imprevedibile. Lo ritroviamo con un altro genere di viaggio temporale, all’inseguimento di un assassino senza scrupoli, soprannominato dai giornalisti, il «terrorista dilettante», in Predestination, film australiano dei gemelli Michael e Peter Spierig (The Spierig Brothers), tratto dal racconto del 1959 di Robert Anson Heinlein, Tutti i miei fantasmi (All You Zombies, 1959).

L’agente di polizia temporale interpretato da Hawke è al suo ultimo tentativo, poi dovrà rinunciare a catturare il «terrorista dilettante» e andare in pensione dopo un’eccelsa carriera, perché cavalcare il tempo, per mezzo di una valigetta con dei numeri che indicano giorno, mese e anno dove piombare, provoca dei danni che rischiano di diventare letali per la psiche umana. In questa missione finale, per evitare una strage a New York con migliaia di vittime, si imbatte in un uomo che gli racconta una storia personale, forse la più sorprendente di quelle che l’agente aveva mai sentito fino ad allora, se non fosse che è difficile immaginare qualcuno con una vicenda più incredibile di quella di un viaggiatore nel tempo.

Ad ogni modo, dall’incontro dei due ha inizio un complesso intreccio di cui non è possibile rivelare i dettagli senza rischiare di svelare i misteri di questo film originale. Di libri e film con viaggi temporali ne abbiamo letti e visti parecchi. Predestination condivide con questi l’espediente narrativo del passato da aggiustare per evitare un disastro: il sogno umano di poter tornare indietro e cambiare il corso degli eventi. Chissà cosa faremmo per evitare gli orrori della nostra storia, magari impediremmo a Socrate di bere la cicuta e…

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I gemelli Spierig e, prima di loro, Heinlein, però hanno puntato su una dimensione più esistenziale e individuale. Nel film, andare avanti e indietro nel tempo significa anche e soprattutto costruire e ricostruire un’identità personale e sessuale. Se da un lato, i protagonisti della storia sembrano reclusi in un mondo che non prevede la presenza degli altri, senza porte e finestre (nonostante il continuo cambio di epoche, costumi, luoghi), e l’evitare la strage passa in secondo piano, al punto che del movente della vicenda quasi ce ne dimentichiamo, dall’altro Predestination assume il tono di una riflessione sull’individuo e la sua intima pluralità, sul femminile-maschile e sulla conflittualità e aderenza che questa diade produce costantemente.

Uscendo dalla sala si avrà l’impressione, come spesso capita nelle storie con i salti temporali, di una logica che non ha retto, di un collasso della trama. Ed è così, perché la nostra vita è intrascendibile, non si dà la possibilità di qualcuno che possa ergersi sopra il mondo. Tuttavia, se il rincorrersi nel tempo produce delle aporie, dei paradossi irrisolvibili, questo non deve allarmarci più di tanto.

Sul finire di Boyhood, per tornare al film citato all’inizio, il personaggio della madre interpretato da Patricia Arquette ha una crisi e si interroga disperata se abbia un senso il suo essere arrivata in quel momento della vita. Forse è questo il punto: che si tratti di un viaggio a ritroso o di un salto in avanti, o che tutto proceda con lentezza, nel presente del quotidiano, che la vita venga narrata per mezzo di un racconto realistico o fantascientifico, le nostre identità non troveranno mai appigli sicuri su cui reggersi, logiche ferree a cui appellarsi. Viaggeranno alla ricerca di se stesse.