Tempi duri per i plutocrati di tutto il mondo. Wikileaks ha l’aria di un piccolo scandalo rispetto alla portata del nuovo leak che coinvolge oligarchi e politici che hanno i loro beni in paradisi fiscali. A portare alla luce gli evasori miliardari è stata l’indagine del Consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta (Icji) che unisce testate di 86 paesi. Una frode dalle dimensioni senza precedenti: due milioni e mezzo di file di 130 mila titolari di conti correnti e investimenti tramite 12 mila società offshore, per somme sottratte al fisco dei 170 paesi di provenienza tra i 21 mila e i 32 mila miliardi di dollari.

Le banche impegnate a fornire ai propri clienti compagnie coperte dal segreto nelle Isole Vergini e in altri paradisi fiscali vanno da Ubs a Credit Suisse e Deutsche Bank, che da sola avrebbe creato oltre 300 società di comodo. L’indagine è partita da una soffiata, trasmessa alla Icji, di due impiegati della Commonwealth Trust Limited, delle isole Vergini britanniche, e dalla Portcullis Trustnet, con base a Singapore e sedi nelle isole Cayman, Cook e Samoa.
E così ieri le prime pagine di Guardian, Washington Post, Le Monde e Sueddeutsche Zeitung hanno raccolto le rivelazioni che coinvolgono i «furbetti globali». Da Londra si rende noto che compare tra i nomi dei plutocrati il premier georgiano Bidzina Ivanishvili, insieme ad oligarchi pachistani, thailandesi e indonesiani, oltre al britannico, Neil Gaitely, direttore della Tamalaris Consolidated Ltd, società che per la Ue opera per conto della compagnia di navigazione statale iraniana. In Francia lo scandalo investe il tesoriere del presidente François Hollande mentre al centro dell’inchiesta in Italia ci sono noti commercialisti.

Ma le rivelazioni toccano le élites politiche e finanziarie di tutto il mondo, nessuno escluso, cominciando con l’ex ministro delle Finanze della Mongolia e vice presidente del parlamento, Bayartsogt Sangajav, titolare di un conto segreto in Svizzera e detentore di una società offshore cinese, che avrebbe depositato milioni di dollari senza dichiararli quando era a guida della Banca asiatica dello sviluppo.

Per arrivare poi a Imee Marcos, figlia del presidente filippino. Mentre in Azerbaijan è coinvolto il capo di Stato Ilham Aliyev e la sua famiglia, proprietari di holding nelle isole Vergini, gestite da Hassan Gozal, uomo d’affari della Btp con contratti pubblici a Baku. In Russia emergono i nomi di politici vicini al presidente Putin tra cui Olga Shuvalova, moglie del vice primo ministro russo Igor Shuvalov, all’origine di una transazione con una società con sedi alle Bahamas.

Ben 4 mila americani figurano nella lista dell’Icij tra cui Denise Rich, moglie di un magnate del petrolio, graziato dall’allora presidente Clinton dopo essere stato condannato per frode fiscale. Denise Rich ha raccolto per anni i fondi per le campagne elettorali del Partito democratico e ha depositato 144 milioni di dollari in un trust delle isole Cook . È recidivo anche l’avvocato ed ex politico canadese, Tony Merchant, marito della senatrice Pana Merchant. Non è sconosciuto al fisco, infatti nel 1998 in un conto offshore depositò 800 mila dollari. In Spagna è coinvolta nello scandalo una collezionista d’arte, la baronessa Carmen Thyssen-Bornemisza, vedova del miliardario Thyssen, usava le holding per comprare opere d’arte e rivenderle a Christies e Sotheby’s.

A bloccare indagini che potrebbero inchiodare i più grandi evasori di sempre ci pensano per ora le convenzioni internazionali sul segreto bancario. Mentre Berlino chiede almeno alla stampa trasparenza nel rivelare i dati.