Il vincitore delle elezioni europee in Repubblica Ceca e Slovacchia è il solito. Con oltre il 70% vince l’astensione che tradizionalmente è da queste parti tra le più alte di tutta l’Unione europea. Il dato è in leggero miglioramento rispetto al 2014, quando la partecipazione scese sotto il 20%.

Nonostante i molteplici appelli al voto, la campagna elettorale è stata fiacca e le forze politiche non si sono sbilanciate verso proposte innovative o coraggiose.

A essere favorito è il movimento Ano 2011 del premier in carica Andrej Babiš, che ha puntato nelle ultime settimane su una campagna trumpiana con tanto di berretto rosso e lo slogan «Proteggiamo la Repubblica Ceca». Il principale pericolo, secondo il premier ceco, sarebbe una Commissione europea sempre più autonoma dal volere degli Stati nazionali.

Per questo motivo Babiš vorrebbe rafforzare ulteriormente il peso del Consiglio europeo e degli esecutivi nazionali depotenziando le altre istituzioni europee, tra cui lo stesso Parlamento. Un obiettivo condiviso anche da altri importanti partiti cechi. La macchina elettorale di Babiš ha però puntato molto anche su temi strettamente nazionali come il rialzo delle pensioni o l’aiuto alle famiglie, cercando di scongiurare l’astensionismo del proprio elettorato.

Contano di fare un buon risultato e accreditarsi come prima forza dell’opposizione i Pirati. Il giovane partito ha puntato molto sui temi tradizionali come copyright o libertà della rete, a cui ha aggiunto l’opposizione al primo ministro e una buona dose di ecologia. La poliedricità dei Pirati, che cercano di tenere assieme un certo libertarismo tipico dei giovani informatici e temi sociali più di sinistra, è stata finora un punto di forza. Stentano però a scegliere la loro famiglia europea.

In lotta per il secondo posto anche il principale partito della destra, l’Ods, il cui capofila Jan Zahradil è anche lo spitzenkandidat del gruppo Ecr che riunisce i polacchi del Pis e altre forze di destra dura, tra cui Fratelli d’Italia. Basse invece le attese per l’alleato di Salvini, il movimento del deputato Tomio Okamura, che lotta per superare la soglia del 5%.

Risultati poco più brillanti per i partiti storici della sinistra, i socialdemocratici (Cssd) e i comunisti (Kscm). Eleggeranno uno o due europarlamentari a partito (dei 21 seggi disponibili) con un netto calo rispetto a cinque anni fa. Attese sobrie anche per la destra liberale e filoeuropea, che in Repubblica Ceca fa riferimento al Ppe, il cui risultato potrebbe essere spinto in alto da una maggiore partecipazione al voto di Praga rispetto al resto del paese.

Sinistra in forte calo anche in Slovacchia, dove i socialdemocratici dello Smer potrebbero scendere dopo molti anni sotto il 20%. Gli occhi sono tuttavia puntati sul risultato del partito Slovacchia in Progresso della neoeletta presidente della repubblica Zuzana Caputová, la cui inaugurazione è prevista per giugno.

La formazione pro-europea potrebbe arrivare solo terza ed essere scavalcata dal partito neofascista Lsns con un risultato previsto del 15%. Lsns è uscito perfino rafforzato dal recente tentativo, andato a vuoto, di messa a bando. La procedura partita dal governo, ma bocciata dalla Corte suprema, lo ha accreditato come «la vera opposizione scomoda» al potere costituito. La via giudiziaria all’antifascismo è stata in Slovacchia un vero boomerang.