Mentre sull’isola imperversa il ministro degli interni Matteo Salvini, impegnato pancia a terra a sostenere il candidato governatore del centrodestra Christian Solinas nella campagna elettorale per le regionali di domenica, i pastori in lotta per ottenere un prezzo del latte che non sia da fame continuano a far sentire la loro voce. La tregua siglata sabato a Cagliari con il ministro dell’agricoltura Centinaio vacilla.

LA RIVOLTA NON È PIÙ sistematica, ma gruppi di allevatori non rinunciano a manifestare, insoddisfatti dal pre-accordo che propone 72 centesimi al litro. Nella tarda mattinata di ieri a Sanluri, nel sud dell’isola, un autotrasportatore è stato bloccato da un gruppo di persone incappucciate ed è stato obbligato a buttare il latte in strada. E l’altro ieri nell’Oristanese è stata assaltata un’autocisterna e migliaia di litri di latte raccolti e destinati a un caseificio in provincia di Nuoro sono stati gettati in strada. I pastori sono esasperati: sempre l’altro ieri un allevatore del Cagliaritano è salito su un traliccio minacciando di gettarsi nel vuoto. «Basta promesse, siamo disperati», ha detto quando, dopo due ore di trattative con le forze dell’ordine, è stato convinto a scendere. Smobilitato, nel frattempo, il presidio a Thiesi, in provincia di Sassari, davanti a uno dei più grandi caseifici della Sardegna.

Sono giorni di consultazioni tra i pastori per valutare la pre-intesa proposta a Cagliari: portare il prezzo del latte ovino subito a 72 centesimi al litro per arrivare nel giro di due mesi a un euro. Per domani un’assemblea è stata indetta a Macomer, nel centro Sardegna, ai cancelli di un’altra azienda casearia. Al momento gli allevatori non sembrano orientati ad approvare l’accordo così come formulato al tavolo di filiera: 72 centesimi, dicono, sono pochi (la protesta è scattata per il prezzo crollato sotto i 60 cents) e non ci sono garanzie di ottenere in due mesi quell’euro al litro chiesto dai pastori. Mancano ancora interventi strutturali, denuncia il mondo delle campagne, e anche i 50 milioni messi a correre dal governo e dalla Regione per abbattere le eccedenze di pecorino romano vengono visti come una misura tampone, che non assicura la stabilità del prezzo nel tempo.

IN CAMPO ACCANTO ai pastori scende anche la Coldiretti: «L’acconto iniziale di 72 centesimi al litro è motivo di insoddisfazione perché si trova sotto i costi variabili medi di produzione certificati dallo studio Ismea elaborato per far luce sulla crisi del settore. E’ necessario che nella bozza venga inserita una clausola che garantisca di raggiungere l’obiettivo di un euro per il prezzo del latte pagato ai pastori da parte degli industriali, diretti beneficiari delle consistenti misure di sostegno messe in campo da governo e Regione Sardegna». Inoltre per la Coldiretti bisognerebbe prevedere «la presenza dei pastori nell’amministrazione del Consorzio di tutela e la nomina di un prefetto per verificare eventuali errori e violazioni e per controllare la legalità delle operazioni di ritiro del pecorino». «In Sardegna si sta scherzando con il fuoco – aggiunge la Copagri, altra organizzazione del mondo agricolo – In caso di fallimento delle trattative non saranno solo i pastori a rimetterci ma l’intera economia dell’isola, nella quale si contano circa 12mila aziende agropastorali che allevano 2,6 milioni di pecore, corrispondenti a quasi la metà del patrimonio ovino italiano, per una produzione di oltre 3 milioni di quintali di latte».

IERI MATTINA Salvini era Sassari per il suo tour elettorale. In prefettura il leader leghista ha incontrato un gruppo di pastori. Colloquio freddo, con il ministro dell’Interno che ha difeso la proposta di accordo uscita fuori dal vertice di sabato a Cagliari con Centinaio e i pastori che hanno risposto «no» al prezzo di 72 centesimi e chiesto garanzie effettive che il ritiro dal mercato delle eccedenze di formaggio porti davvero in alto il prezzo del latte sino a un euro.