All’ultimo G20 della salute di Roma di inizio settembre, il ministro della salute Roberto Speranza aveva utilizzato la formula del «vaccino bene comune». Ma oltre alle formule, di quell’espressione non è rimasto nulla. Lo dimostra il rapporto «Una dose di realtà» pubblicato ieri dalla People’s Vaccine Alliance, una coalizione di Ong di cui fanno parte Oxfam, Emergency, Amnesty International e Unaids. «Il G7 e il Team Europe (cioè Ue più Islanda e Norvegia) hanno consegnato ai paesi a basso e medio reddito solo il 14% delle dosi, cioè 261 milioni sugli 1,8 miliardi promessi», si legge nel rapporto. «Il governo britannico ha consegnato solo 9,6 milioni – meno del 10% – dei 100 milioni di dosi promesse alle nazioni più povere, e ha per di più usufruito di mezzo milione di dosi da Covax» denunciano Sara Albiani di Oxfam e Rossella Miccio di Emergency. «Gli Stati Uniti hanno consegnato quasi 177 milioni di dosi su 1,1 miliardi promesse, la Germania 12,3 su 100 milioni e così via». L’Italia ne ha promesse 45 milioni ma per ora è ferma a circa un quarto dell’obiettivo.
Paradossalmente, il grosso delle donazioni dai paesi che se le possono permettere è andato verso altri Paesi ad alto reddito, che rappresentano il 16% della popolazione ma hanno ricevuto il 49% delle dosi donate. I paesi a basso reddito, dove vive l’8% della popolazione mondiale, devono dividersi appena l’1% delle dosi donate dai paesi ricchi.

«LE NAZIONI RICCHE e le aziende farmaceutiche stanno vergognosamente fallendo nel mantenere le loro promesse, e allo stesso tempo bloccano le uniche soluzioni possibili, ossia garantire che i Paesi in via di sviluppo abbiano la capacità di produrre autonomamente i propri vaccini» sottolinea Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Unaids. «È tragicamente chiaro che non si può fare affidamento sulla generosità e sulla beneficenza dei Paesi ricchi e delle aziende farmaceutiche».
Anche l’iniziativa Covax dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sta fallendo, ma in questo caso la responsabilità e delle aziende. Dei 994 milioni di dosi promesse a Covax da Johnson & Johnson, Moderna, Oxford/AstraZeneca e Pfizer/BioNTech, solo 120 milioni (il 12%) sono state effettivamente consegnate, mentre ai paesi ricchi ne sono state spedite 1,8 miliardi. Johnson & Johnson non hanno fornito nemmeno una delle fiale promesse, rispettivamente 200 e 30 milioni. Le aziende hanno dichiarato di essere in grado di produrre 7,5 miliardi di dosi nel 2021, pur di spegnere sul nascere la pressione a rinunciare ai brevetti. Ma sono più di quante ne possono produrre davvero: «agli attuali ritmi potrebbero arrivare a produrne 6,2 miliardi entro l’anno, con un deficit di oltre 1,3 miliardi di dosi» spiegano Albiani e Miccio. Ne servono altrettante per il resto del mondo.

FRA UNA SETTIMANA, i leader di governo si incontreranno di nuovo al G20 e il tema dell’accesso globale ai vaccini sarà in agenda. Ue (su spinta tedesca) e Regno Unito sono fermi nel no alla richiesta di India e Sudafrica di sospendere i brevetti su vaccini, farmaci e test anti-pandemia. Ma ancora 46 dei 54 stati africani sono sotto la soglia del 10% della popolazione vaccinata, obiettivo che l’Oms si era data per la fine di settembre. L’obiettivo successivo, vaccinare almeno il 40% della popolazione di ogni paese entro la fine dell’anno, appare altrettanto irraggiungibile. La People’s Vaccine Alliance chiede dunque al più presto di stabilire la moratoria sui brevetti, condividere conoscenze e know how, investire in impianti produttivi nei paesi a basso reddito e redistribuire i vaccini in modo da raggiungere al più presto, o almeno non mancare del tutto, gli obiettivi fissati dall’Oms.