Il modello agricolo basato sulle monocolture Ogm sta mostrando il suo fallimento. Il prezzo di questo fallimento è alto in termini ambientali, sociali e di salute. Le coltivazioni transgeniche con il loro carico di pesticidi hanno prodotto gravi alterazioni negli ecosistemi, senza che l’introduzione di geni di altri organismi sia riuscita a controllare le erbe infestanti e i parassiti. Al contrario, la resistenza sviluppata da parte di numerosi parassiti vegetali e animali ha costretto gli agricoltori ad aumentare la quantità di diserbanti e insetticidi, con gravi conseguenze sulla salute degli agricoltori e delle popolazioni che vivono nelle aree rurali. Anche gli insetti impollinatori devono fare i conti con i pesticidi che determinano una drastica diminuzione del loro numero.

LE MONOCOLTURE TRANSGENICHE HANNO ANCHE prodotto una alterazione dell’ecosistema dei suoli, come conseguenza degli squilibri che si sono prodotti nella comunità microbica, con una perdita di fertilità del terreno che ha richiesto un impiego sempre più massiccio di fertilizzanti sintetici. Le colture Ogm si sono sempre poste come obiettivo principale la resa per ettaro, senza preoccuparsi delle conseguenze. Gli studi condotti da ricercatori imparziali dimostrano che il vantaggio produttivo è modesto, considerando l’alto livello di tecnologia impiegata su terreni con condizioni favorevoli.

E’ STATO AMPIAMENTE DIMOSTRATO che a incidere sulla produttività sono le tecniche di coltivazione, piuttosto che l’impiego di semi transgenici. L’uniformità genetica delle piante transgeniche ha contribuito a determinare una irreparabile perdita di biodiversità, rappresentando il più grave svantaggio biologico per la vegetazione. Tre multinazionali (Monsanto-Bayer, Syngenta-ChemCina, DuPont-Dow Chemical) controllano quasi il 70% del mercato mondiale dei semi e il 75% di quello dei pesticidi, con pressioni di ogni tipo per imporre i loro prodotti su scala sempre più larga. La sovranità alimentare è più che mai in pericolo. L’introduzione delle monocolture Ogm in vaste aree dei paesi in via di sviluppo ha avuto come effetto la distruzione delle comunità rurali e delle forme di agricoltura familiare, con fenomeni di disgregazione sociale. Si è affermata in queste aree una logica predatoria, con una produzione ad alta intensità di capitale e destinata esclusivamente al mercato internazionale, senza che le popolazioni locali possano trarne alcun vantaggio. Siamo in presenza di uno «sviluppo che impoverisce» che sta segnando intere regioni dell’America latina, Asia, Africa. Negli anni il fronte anti-Ogm è cresciuto, coinvolgendo produttori agricoli, associazioni, comitati di consumatori, con la richiesta di norme in grado di frenare l’espansione e gli effetti che si producono.

DI PARI PASSO SI E’ SVILUPPATA UNA INTENSA attività di ricerca mirata a individuare altre tecniche per intervenire sul patrimonio genetico delle piante. Si tratta delle Nbt (New breeding techniques), nuove tecniche di miglioramento genetico, che hanno come obiettivo la creazione di una nuova generazione di piante geneticamente modificate che dovrebbe sostituire i vecchi Ogm. Il dibattito è acceso. Siamo di fronte a una risorsa per l’agricoltura o, piuttosto, alle prese con una nuova minaccia? La Corte di giustizia europea nel luglio del 2018 ha stabilito che i prodotti delle Nbt ricadono nella Direttiva 18/2001 che regolamenta gli Ogm.

SECONDO LA CORTE DI GIUSTIZIA, PUR NON TRATTANDOSI di organismi transgenici, ci si trova in presenza di piante che hanno subito una alterazione genetica e che vanno assimilate agli Ogm. E’ prevalsa la tesi che le tecniche impiegate provocano alterazioni genetiche che possono influire sulla sicurezza dei prodotti(per le persone e l’ambiente. Da qui la necessità di applicare il principio di precauzione. Le Nbt comprendono tutte le tecniche in grado di apportare modificazioni a una o più basi del genoma di una pianta. Impiegando le nuove tecniche è possibile inserire o rimuovere tratti del Dna, ottenendo nuove varietà vegetali.

SONO DUE LE TECNICHE PIU’ IMPIEGATE: la cisgenesi e il genoma editing. Nel primo caso si tratta di una tecnica che favorisce il trasferimento di una specifica porzione di Dna da una pianta all’altra, con l’inserimento un nuovo gene proveniente da una pianta della stessa specie o di una specie simile. Nel secondo caso, invece, si modifica il patrimonio genetico di una pianta inserendo, eliminando o sostituendo una o più sequenze di Dna per ottenere un determinato carattere, senza inserire materiale genetico di altri organismi.

IN ALCUNI PAESI EXTRAEUROPEI GLI ORGANISMI ottenuti con le Nbt sono considerati coltivazioni convenzionali e l’editing genetico viene equiparato alla selezione tradizionale, mentre in Europa sono equiparati ai classici Ogm. L’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) sostiene che le tecniche di genoma editing non sembrano mostrare una pericolosità superiore alla selezione vegetale tradizionale. Ma, secondo una analisi del 2019 dell’Istituto tedesco di biosicurezza, che ha esaminato 1.328 studi e applicazioni dell’editing genoma condotti negli Stati Uniti e in Cina, le ricerche sugli effetti indesiderati sono ancora troppo limitate. Solamente in 258 studi ci si è preoccupati di analizzare le conseguenze non volute. Dall’analisi è emerso che nel 3% delle 68 piante prese in considerazione si erano registrate mutazioni «fuori bersaglio», cioè mutazioni indesiderate su parti di Dna che non erano state oggetto dell’intervento. Secondo l’Istituto tedesco c’è una sottovalutazione degli effetti indesiderati. Michael Antoniou, docente di genetica molecolare al King’s College di Londra e che ha condotto studi importanti sulla interazione tra geni: «La totalità dei geni funziona come una rete ed è necessario mantenere l’integrità del patrimonio genetico delle piante. Un cambiamento in un gene espone l’intero genoma ai cambiamenti, col risultato di mutazioni indesiderate che possono produrre alterazioni delle funzioni proteiche e biochimiche della pianta».

IL GENETISTA SALVATORE CECCARELLI, che ha dedicato la sua vita al miglioramento genetico delle piante: «I sostenitori delle piante geneticamente modificate ignorano il Teorema fondamentale della selezione naturale. Gli Ogm e le Nbt modificano l’ambiente che circonda gli organismi che intendono controllare. I funghi, i parassiti e le erbe infestanti mutano e si evolvono per adattarsi alle nuove condizioni, diventando resistenti. Gli organismi modificati geneticamente forniscono soltanto soluzioni temporanee, per poi far aumentare l’uso di erbicidi e antiparassitari». C’è, dunque, bisogno di un sistema agricolo che mantenga l’integrità degli organismi vegetali e il principio di precauzione è uno strumento di cui non si può fare a meno.