La scomparsa improvvisa a maggio del sassofonista romano Carlo Conti a soli 41 anni ha colpito non solo la scena musicale della Capitale ma quella di tutto il Paese. A luglio a suonare alla serata dedicata a Carlo nella data del suo compleanno c’erano anche i Neo, la band jazz/punk/blues con cui insieme a Manlio Maresca (chitarra) e Antonio Zitarelli (batteria) firmò Neoclassico, l’album registrato dieci anni fa nello studio di Steve Albini a Chicago. Partendo da quell’esperienza, e oggi con Federico Pascucci al sax che Conti aveva già indicato come una promessa, i Neo si stanno preparando a ripartire con nuove date e un prossimo disco, anche nel nome dell’amico. Manlio lo ricorda in un momento particolare: «Era la registrazione di Invenzioni a 2 voci di Bach da Albini. Brano che avevamo lasciato per la fine della session. Eravamo in due, le porte erano aperte, il suono di questo contrappunto tagliente si espandeva nella sala a forma di enorme cupola. L’impressione era di trovarci in una chiesa consacrata alla musica dannata, un luogo di un sacro perverso nella quale sono passati la maggior parte dei musicisti che per me hanno significato l’estasi, un luogo di quel culto nato negli anni ‘90 e del quale anche noi in quel momento facevamo parte». Nella ricca discografia di Carlo troviamo un innovatore del suo strumento, sempre contro il conformismo estetico. Federico che ne è l’erede nella band: «Aveva un’innata capacità di portare all’anima dell’ascoltatore una lampante sensazione di libertà. Quel suono veicolava la spontaneità nel creare un artefatto complesso e articolato, caratteristica viva nelle mani dei musicisti provenienti da contesti tradizionali, come quello di Cuba che Carlo aveva conosciuto in ripetuti tour e viaggi. Il suo era un continuo impavido giocare con gli stilemi del linguaggio dell’improvvisazione jazz, con il blues, con il free jazz, con Parker, con Hodges, con Coltrane e Garzone. Ecco, Carlo è sicuramente un sassofonista che è riuscito a prendere gli insegnamenti di George Garzone come il concetto del chromatic triadic approach, un’idea di sviluppo del fraseggio improvvisato basato su strutture di triadi e movimenti cromatici, e a trasformarlo in uno strumento di denuncia, di emancipazione culturale. È l’integrità del musicista con l’uomo, dell’individuo con la società di cui è parte, la cui estetica non è fine a se stessa ma pregna degli ideali dell’uomo».

Neoclassico è un disco di gran pregio ma che forse non ha avuto la giusta promozione quando venne alla luce, malgrado ci sia stato un lungo tour di 50 date negli States. Riprendete in mano il progetto con la speranza che ora la scena musicale sia pronta?

Antonio: «Neoclassico ha rappresentato un punto di arrivo artistico, l’entrata di Carletto ci costrinse a migliorarci, sia nella composizione che nell’esecuzione. Era un grandissimo sostenitore del nostro approccio già prima di farne parte. Suonare cose “impossibili” e suonarle “male” non era affatto facile per uno non abituato a sbagliare nemmeno una nota, ma ci mise un brano per allinearsi, diventando in pochissimo tempo parte del gruppo come se ci fosse sempre stato, rapportandosi con noi alla pari pur se non lo eravamo affatto… Carletto è l’unico musicista che mi faceva venire i brividi anche durante il concerto. Dopo gli Usa i Neo caddero in stand by e se stiamo riformando il tutto è solo per l’amore che corre tra di noi e per Carletto. La scena musicale, credo che non sarà mai pronta al nostro linguaggio fino a quando non decideremo di mettere un beat regolare per far ballare i danzatori che si accalcano ai concerti degli altri».

A luglio avete suonato alla serata dedicata a Carlo allo Snodo Mandrione di Roma, è stata una strana festa…

Manlio: «Secondo una antica tradizione del jazz di New Orleans esiste “il funerale jazz”, una sorta di corteo funebre costituito da una banda di ottoni. Nel nostro caso si è trattato di una “festa funebre” costituita da una banda in cui si insinuava l’inafferrabile presenza di Carletto. Questo senso di amarezza mista ad apparente spensieratezza è stato tradotto in musica generando dei risultati sorprendenti. Sono sicuro che a Carletto sarebbe piaciuto».