Lavoro

I nove della Fiom rientrano a Pomigliano: vince la Costituzione

I nove della Fiom rientrano a Pomigliano: vince la CostituzioneLa fabbrica Fiat a Pomigliano

«Avete riconquistato la saletta sindacale, ora riprendetevi la fabbrica». Sono state salutate così le 9 Rsa della Fiom che ieri mattina hanno rimesso piede nello stabilimento di Pomigliano D’Arco dopo […]

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 21 settembre 2013

«Avete riconquistato la saletta sindacale, ora riprendetevi la fabbrica». Sono state salutate così le 9 Rsa della Fiom che ieri mattina hanno rimesso piede nello stabilimento di Pomigliano D’Arco dopo 3 anni, mese più mese meno. Qualche abbraccio, diverse pacche sulle spalle, molti sorrisi tra gli operai che potranno riavere la Cgil tra le catene di montaggio della nuova Panda. Una vittoria non scontata, visto che ci sono voluti 3 gradi di giudizio, e poi la Consulta lo scorso 3 luglio, che ha dato la batosta finale a Sergio Marchionne. L’ad che vede rosso solo a nominare la Fiom, alla fine ha dovuto cedere perché secondo i giudici ha torto su tutta linea nell’interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. Anche i sindacati che non hanno firmato il contratto devono essere presenti in fabbrica, e gli operai hanno diritto a scegliere la sigla che preferiscono. Questo il senso della decisione della Corte costituzionale.
«Eravamo molto emozionati ad aprire la porta della saletta, la bacheca sindacale. Contenti di scrivere il verbale, ripercorrere quei corridoi per la prima volta senza la presenza delle forze dell’ordine». Antonio Di Luca lo dice con soddisfazione, lui è uno di quelli che ci ha sempre creduto: «È una vittoria non solo giudiziaria, ma anche politica. Una sentenza che dice all’azienda di star violando la costituzione visto che non può avere l’arroganza di reprimere i diritti inviolabili dei cittadini ed escludere un sindacato perché non ha sottoscritto il contratto. La Fiom, dopo mesi di incontri, non ha firmato perché era contro gli operai, non dimentichiamolo». Una mancata firma che ancora oggi costa caro a molti operai. Su tremila richiamati fino a questo momento nessuno è della Fiom, e anche di ciò dovrà rispondere il Lingotto il prossimo 31 ottobre, in un’altra causa, quella per discriminazione.
Franco Percuoco, oltre a essere il responsabile dell’organizzazione per il settore automobilistico è uno di quelli che da tre anni sono in cassa integrazione e non varcano i cancelli. «Riavere il nostro sindacato nello stabilimento è solo l’inizio – ci dice al telefono – dobbiamo far rientrare tutti a lavoro, non solo quelli della Fiom. Noi non vogliamo corsie preferenziali, lo facciamo per far rispettare le regole e dimostrare che è tutto il piano industriale di Marchionne a essere sbagliato».
Dopo aver perso due gradi di giudizio l’azienda ha infatti sciolto la Fip (nuova fabbrica Pomigliano) ed è ritornata alla Fga: «Fanno il gioco dell’oca – dice ancora Percuoco – ma è così evidente che siamo di fronte a una discriminazione se tra i 3 mila richiamati nessuno è della Fiom. Siamo sicuri che il giudice prenderà in considerazione anche questo». Ieri però era il giorno della soddisfazione: «È la prova che un sindacato può anche dire no ai padroni», conclude Percuoco.
E’ stato un giorno da ricordare oltre che per Di Luca anche per Stefano Birotti, Sebastiano D’Onofrio, Maurizio Rea, Angelo Pulcrano, Mario Di Costanzo, Raffaele Manzo, Ciro[/ACM_2] D’Alessio e Francesco Manganiello. «Ora ci prepariamo alla manifestazione del 12 ottobre (quella promossa da Rodotà e Landini, ndr) con una marcia in più – afferma Di Luca – Difendere la Costituzione è una priorità per il nostro paese. Noi ne siamo l’esempio».

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