Mi spiace, ma non mi convince questo clima unanime, gli applausi sulla fiducia senza aver ascoltato una parola dal premier incaricato. Nel mentre è già iniziata la baruffa, chiarissima la strategia della Lega nel governo e contro il governo, come se fossimo dentro una confederazione di opzioni diverse, una contro l’altra armata. Non mi convince la facilità con cui si è aderito ad uno schema ecumenico che non esiste in nessuna parte del mondo. Poteva essere Ursula, schema politico già impegnativo, almeno in Italia. Invece ci ritroviamo ad aver sdoganato e legittimato i nazionalisti che nel 2019 hanno tentato di assaltare e distruggere l’unità europea. In Europa vige una regola: la democrazia si difende tenendo fuori i sovranisti. Vale per la Merkel, vale per Macron, vale per Ursula Von der Layen.

Non mi convince l’aver accentrato le cose che contano nelle mani di un gabinetto di tecnici tendenzialmente moderati. Bilancio e Recovery. Uno schema che mette a nudo la debolezza delle forze politiche costrette ancora una volta a fare un passo indietro. Non mi convince aver affidato alla Lega le leve del rapporto con le categorie produttive e a Forza Italia il sud e la pubblica amministrazione. Non mi convince l’evidente disparità di genere.

Rispetto Draghi, il suo percorso professionale è sotto i nostri occhi, ma non condivido la logica degli uomini del destino a cui, tragicamente, il nostro Paese deve affidarsi ad ogni tornante storico. Questo, ovviamente, non è un problema di Draghi ma della fragilità della politica. E queste giravolte, sedere nel medesimo esecutivo con i rappresentanti delle forze anti europeiste, mina nel profondo la credibilità della politica. E stupisce la mancanza di reazione della base dei partiti, quasi una dimostrazione plastica della piramide rovesciata quale forma partito vigente. L’eco delle polemiche e delle discussioni sul baciare o meno il rospo Dini un lontanissimo ricordo. E questo non è un rospo ma un Drago di Komodo.

Non parlo solo di Salvini, parlo del commissariamento della politica e del rischio marginalità per tutte le organizzazioni democratiche.
Draghi andrà ascoltato, se farà bene sarà un successo per il Paese. Draghi andrà sostenuto ogni qual volta proporrà cose utili per chi sta peggio, dai ristori al reddito di cittadinanza, dalla transizione ecologica alla sovranità digitale, dalla sanità pubblica ai vaccini per tutti. Ma la fiducia bulgara al buio, senza tenere acceso un lumicino critico a sinistra, mi sembra un errore clamoroso.

Anche perché, a ben vedere, le sagome che si muovono tra le ombre non promettono nulla di buono. Garavaglia l’incudine, Salvini il martello. Un calcio d’inizio che dice molto della partita che verrà. Per questo, pur non avendo l’incombenza del voto in parlamento, apprezzo il coraggio di chi, in solitudine, troverà la forza di non accodarsi. Anche per non lasciare la bandiera della opposizione nelle sole mani dei patrioti della Meloni.

Anche per ricordarci che il governo non può essere l’inizio e la fine di ogni cosa. E che la politica per vivere ha bisogno di dialettica, pluralità, conflitto. Un mancato Si oggi può essere un seme di futuro. Vale più di mille applausi più o meno interessati.