Ormai di fatto sdoganati da istituzioni, media e social network, si presentavano su questi ultimi divulgando senza alcun pudore foto e scritte inneggianti alle Ss, Hitler e Mussolini. Il leader, un senese di 60 anni, Andrea Chiesi, bancario alla sede centrale del Monte dei Paschi, postava foto in cui indossava una mimetica delle Ss a bordo di un sidecar militare, oppure a Predappio alla tomba a del duce e a Dongo, dove venne arrestato Mussolini nel 1945, intento nel saluto romano e mimando il gesto di sparare a un cartello dell’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani. Addirittura progettando, come emerso dalle intercettazioni nei suoi confronti, di far saltare la moschea di Colle Val d’Elsa, da sempre nel mirino di leghisti e (post?)fascisti, sabotando una condotta delle tubature del gas.
Proprio da un monitoraggio dei social network sui messaggi di istigazione all’odio razziale e di apologia del fascismo, la Direzione distrettuale antimafia e la Digos fiorentina hanno ricavato elementi sufficienti per mettere sotto inchiesta e perquisire case, uffici e capannoni di proprietà di una dozzina di camerati senesi, “per detenzione abusiva di armi correlata alla costituzione di un’associazione con finalità eversiva”. Al termine della perquisizione è scattato l’arresto sia per Andrea Chiesi che per il figlio Yuri, 22 anni, dipendente di una concessionaria di auto di Siena, trovati in possesso di esplosivo e silenziatori per pistola.
Il procuratore capo Giuseppe Creazzo si limita a dire lo stretto indispensabile: “Al momento non abbiamo riscontri di correlazioni con formazioni politiche di estrema destra già esistenti, le perquisizioni sono il primo atto di un’inchiesta da sviluppare”. Per certo sono stati rinvenuti esplosivi e residuati bellici nelle disponibilità di arrestati e indagati, tutti residenti in provincia di Siena, tutti incensurati, insieme ad armi registrate e legalmente detenute.
Non certo giovanissimi, anzi in maggioranza over 50, volevano costituire una “struttura qualificata per ogni evenienza”, così come hanno spiegato gli investigatori, pronta a intervenire “arma alla mano, senza chiamare le forze dell’ordine, e fare giustizia sommaria”. Facile immaginare di chi, visto che il bancario Chiesi si qualificava come segretario della federazione di Siena del “Mis- Movimento Idea Sociale”, e aveva fatto proseliti non solo in famiglia (oltre al figlio la moglie), ma anche fra i colleghi di lavoro, due dei quali fra gli indagati.
“Se devo tirare una pistolettata non mi faccio problemi… la destra estrema è una filosofia di vita”, diceva chiacchierando con gli altri camerati il bancario nazifascista, che aveva l’hobby di recuperare esplosivo da ordigni bellici inesplosi di cui era alla continua ricerca, sia nel territorio senese che in altre province. Una pratica sempre più diffusa in Toscana, attraversata dalla Linea Gotica nel secondo conflitto mondiale, dove l’ossessiva ricerca di memorabilia unisce generazioni di nostalgici del ventennio fascista.
Fascisti e razzisti naturalmente, lo prova il tentativo di far saltare la moschea di Colle Val ‘d’Elsa, che non venne portato a termine perché il bancario e i suoi camerati si fecero beccare dalla polizia locale, che aveva notato strani movimenti vicino all’edificio della cittadina a metà strada fra Siena e Firenze. “Noi, come ci si move, noi siamo non guardati a vista… ma di più!”, si lamentavano alcuni giorni dopo gli indagati nelle intercettazioni chieste e ottenute dalla Dda, che ora con la Digos dovrà analizzare una notevole quantità di materiale sequestrato.