Un mese dopo le elezioni che hanno rinnovato il parlamentino dell’Associazione nazionale magistrati, portando un nuovo gruppo nel Comitato direttivo centrale e polarizzando il consenso degli iscritti sulle due correnti maggiori (Area e Mi), le toghe fanno una fatica tremenda a darsi un nuovo gruppo dirigente. Dovrebbero riuscirci finalmente oggi, aprendo in ritardo e non nel migliore dei modi il quadriennio del rinnovamento post Palamara.

Proprio l’ingresso dei nuovi arrivati di Articolo 101 – quattro rappresentanti su 36 nel Cdc – con le loro posizioni rumorosamente anti correntizie e anti politiche, è alla base di molte delle difficoltà iniziali. Non solo perché la lista (che per un po’ ha rifiutato anche di farsi chiamare «gruppo») nel corso delle faticose riunioni in presenza e in video collegamento ha posto una serie di eccezioni e richiami al regolamento al limite dell’ostruzionismo. Ma anche perché i due gruppi di destra, Magistratura indipendente e Autonomia e indipendenza, soffrono la concorrenza dei 101 sul fronte «anti casta» e pansindacale. Mi ha già accolto nel suo programma la proposta simbolo dei 101, quella del sorteggio per eleggere la componente togata del Csm, mentre AeI, in forte calo nei consensi, è alla ricerca di un’identità ora che il fondatore Davigo è in pensione e il possibile erede Di Matteo è al Csm.

Ieri pomeriggio, a metà della terza giornata di riunioni (le prime due settimane fa) un «tavolo tecnico» di due rappresentanti per gruppo ha steso un programma comune in una decina di punti sulla base del quale oggi si dovrebbe costituire la nuova giunta. Naturalmente i rappresentanti di Articolo 101 non hanno partecipato al tavolo, limitandosi a consegnare il loro documento programmatico. Uno dei due leader della «non corrente», il giudice del tribunale di Ragusa Andrea Reale, ha accusato da remoto i partecipanti al tavolo di inseguire «accordicchi biecamente politici». Venendo però smentito proprio da una rappresentante del suo gruppo, la giudice Ida Moretti, che all’hotel Cicerone di Roma era presente appunto per consegnare il programma: «Scusami Andrea, ma devo dire che io non sentito parlare di spartizioni di potere o di posti, stanno discutendo del programma».

La nuova giunta che – salvo sorprese – sarà votata oggi, replicherà la formula dell’alternanza (dopo un anno o due) e non potrà essere allora fino in fondo «unitaria». Il gruppo di Articolo 101 si tirerà fuori mentre Magistratura indipendente e Autonomia e indipendenza, marcandosi a vicenda, ne entreranno a far parte con Area, la corrente di sinistra prima classificata alle elezioni, e Unità per la costituzione, la corrente di centro. Difficile la trattativa sui nomi. Area ha fino all’ultimo insistito per la presidenza che le spetterebbe in quanto primo gruppo, rivendicandola per il presidente uscente (e più votato) Luca Poniz. Ma Mi vede in lui il responsabile della svolta moralizzatrice «a senso unico», in quanto indirizzata solo verso i due gruppi più coinvolti nello scandalo Palamara, e non l’accetta. L’esito più probabile è che la presidenza vada dunque ai terzi classificati, Unicost, paradossalmente proprio il gruppo di cui Palamara è stato a lungo il dominus. Ma si tratta di una Unicost rinnovata, dopo che una parte più vicina alle logiche corporative è transitata in Mi. Presidente potrebbe essere la prima degli eletti della corrente, Alessandra Maddalena, giudice del riesame a Napoli: è stata lei a proporre ieri il tavolo sul programma. Ad Area toccherebbe la segreteria. Dopo Poniz la più votata della corrente di sinistra è Silvia Albano, giudice a Roma. Due donne alla guida dei magistrati sarebbero probabilmente il segnale del cambiamento atteso.