«Siamo stanchi di essere un’anomalia, una lacuna dell’ordinamento, di essere tagliati fuori dal perimetro del lavoro tutelato. Vogliamo un tavolo interministeriale per avviare il progetto legislativo necessario a colmare l’enorme vuoto esistente». La voce di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo torna a farsi sentire dopo giornate intense. Nella capitale sono da poco passate le 11 di un giovedì mattina tropicale quando un grande striscione rosso viene srotolato davanti al ministero dello Sviluppo economico. Sopra c’è scritto: «Vogliamo tutto. Reddito e sicurezza». Firma: «Autorganizzat* spettacolo Roma».

PRIMA DELL’INIZIO della conferenza stampa un poliziotto in borghese chiede quali figure professionali siano presenti. «Tecnici, attrici, costumisti, foniche… un po’ di tutto», dice una ragazza. «Immagino il problema sia intercategoriale», risponde spontaneamente l’agente. Immagina bene, perché è proprio uno dei punti più importanti su cui dall’inizio della pandemia stanno battendo questi lavoratori: nessuno deve rimanere indietro, servono interventi strutturali e misure di welfare universale.

La manifestazione del 30 maggio © LaPresse

A PARTIRE DALLA MOBILITAZIONE in 15 città del 30 maggio e da quella nazionale del 27 giugno, i precari hanno scritto un programma dettagliato che vogliono sottoporre al governo attraverso un tavolo che coinvolga ministero del Lavoro, dei Beni culturali, Consiglio dei ministri e Bilancio. Si potrebbe riassumere con una frase molto in voga di questi tempi: non torniamo alla normalità perché la normalità era il problema. Precariato strutturale, mancanza di continuità di reddito, assenza di contratti collettivi, scarse garanzie, pochi diritti, discriminazioni di genere: sono le ferite che storicamente affliggono il settore e a cui il movimento vuole trovare soluzioni.

LA SITUAZIONE è «drammatica». Lo dicono in tanti e il perché possono intuirlo tutti. Tre mesi di cinema e teatri chiusi, festival e concerti cancellati, un’estate che rischia di finire come è iniziata: nel nulla. Migliaia di lavoratori esclusi dagli strumenti di sostegno economico non universalistici varati dall’esecutivo. Il via libera ad alcune riaperture parziali, e sotto rigidi protocolli, è partito solo il 15 giugno. «Chiediamo un reddito di continuità e un’indennità di disoccupazione speciale per il Covid fino alla ripresa delle attività a pieno regime», hanno detto giovedì sera alcuni lavoratori intervenuti all’Auditorium parco della musica prima del concerto di Max Gazzè. Altri colleghi facevano lo stesso in contemporanea al teatro Argentina, per diffondere anche tra il pubblico i bisogni degli addetti al settore. Poche ore prima, invece, erano intervenuti nella VII commissione permanente del Senato. «Un segnale necessario ma non sufficiente», hanno commentato.

PER DARE FORZA alla battaglia dei precari è nata anche una rete intersindacale che federa Clap, Adl Cobas e Si Cobas. «Sarà uno strumento al servizio di questo movimento, attraverso degli sportelli che apriranno in tutta Italia», dice Cecilia di Adl. L’obiettivo è alto e non viene nascosto: «È arrivato il momento di avere il coraggio storico e politico di smantellare questo modello, per ricostruirne uno nuovo e stabile per lo spettacolo e la cultura, che metta al centro la dignità di lavoratrici e lavoratori, lo sviluppo della coscienza etica e critica, individuale e collettiva».