E’ ben noto che, dopo che Papa Francesco ha reso accessibili i documenti archivistici relativi al pontificato di Pio XII, le carte che hanno suscitato maggiore scalpore sono state quelle sui rapporti tra gli ebrei e il Papa durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra gli studiosi che se ne sono occupati, David Kertzer è stato fra i più critici nei confronti del pontefice e del suo entourage e il libro e gli articoli che lo storico americano ha dedicato al tema sono stati al centro di un acceso dibattito.
Un rilevante contributo a questo dibattito lo offrono ora i due volumi pubblicati dall’Archivio Apostolico Vaticano (che un tempo si chiamava Archivio Segreto), e che conserva una parte cruciale della documentazione prodotta sotto quel pontificato. Intitolati In «quotidiana conversazione» G.B. Montini alla scuola di Pio XII (dai fogli di udienza, 1945-1954) e curati dal prefetto dell’archivio, monsignor Sergio Pagano, i due volumi constano di più di 1200 pagine (997 di testi, corredati da ricchissime note, e 60,00). Non è esagerato dire che, nel suo complesso, l’opera suggerisce e supporta un’intera nuova storiografia sul secolo scorso.
Si tratta delle trascrizioni dei colloqui di un Papa (Pio XII) con un futuro Papa (Paolo VI), che all’epoca era un «Sostituto», cioè insieme a Domenico Tardini il funzionario più alto in grado della Segreteria di Stato: il quale ascoltava Pacelli e di conseguenza si occupava delle sue decisioni e delle riflessioni sull’Italia e sugli altri paesi, oltre che su una grande quantità di argomenti. Era quella che veniva definita la «mente» del pontefice e talvolta, in modo cautissimo, Montini vi ragionava sopra in modo autonomo. Le trascrizioni sono tutte opera del Sostituto, che le raccolse a mano in una serie di foglietti (1.850): mancano però i foglietti del periodo 1944-’45, in cui Montini era già Sostituto, e non si sa perché. E mancano anche «udienze» ancora precedenti, in cui il Sostituto fu di certo ricevuto e sulle quali si conoscono solo alcuni suoi modesti appunti. Qualche problema documentario quindi rimane.
Quelle «udienze» manoscritte erano raccolte nelle «carte del Sostituto» della Segreteria di Stato e sono arrivate in archivio nel novembre 2019. I due volumi hanno richiesto quindi due anni e mezzo di lavoro, dedicati alla non facile impresa di controllare le singole battute del Papa, che magari aveva parlato anche a lungo di ogni argomento (ma Montini ne aveva registrato spesso solo una parola per tema); e dedicati a verificare le centinaia di articoli di giornale a cui Pio XII, che ne leggeva parecchi, aveva fatto riferimento e che vengono citati in nota. Così è impressionante quanto Pio XII leggesse – in pratica ogni giorno e con grandissima attenzione – il quotidiano del Pci l’Unità, molto spesso facendolo attaccare da altri giornali e dall’Osservatore Romano (si vedano le pp. 53, 67, 135, 179, 216, 292 ecc.).
Insomma, un lavoro enorme quello del Papa e di Montini, che dopo l’udienza tornava in ufficio e verificava ciò che Pio XII gli aveva detto, apriva o redigeva e completava in proposito dei fascicoli (diverse centinaia); e poi faceva controlli e telefonate, riceveva persone, eseguiva gli ordini. In molti casi, parlava con gli ambasciatori di vari stati, a proposito dei quali trascriveva altri suoi colloqui, che a loro volta costituiscono una serie ulteriore di «udienze» trascritte in questi volumi (in questo caso, però, senza un possibile controllo sui fascicoli).
Però è impressionante anche il lavoro svolto dallo stesso Pagano per controllare, in tutti quei fascicoli d’archivio, quanto gli è stato possibile (molto) delle parole del Papa, e come esse vennero seguite, discusse, perfino contestate; e a cosa approdarono. Per questo, ripeto, si tratta di un’autentica, serissima storia di un pezzo del Novecento, riguardante non soltanto il papato, ma tutto il mondo: compresa l’Europa, l’Urss e gli Usa (meno, ed è significativo, l’Asia, l’Africa e il Sud America).
In altre parole, è un robusto telaio che negli anni prossimi gli storici dovranno studiare e usare con cura per ricostruire una storia di livello altissimo, in larga parte ancora sconosciuta. Importante era ciò che diceva e voleva il Papa; ma importante era pure ciò che registrava Montini, e il modo in cui lo realizzava: in particolare, si dovrà riflettere più di quanto sia stato fatto finora su quanto egli stesso fece e pensò a partire dal 21 giugno 1963, quando divenne Papa, meno di dieci anni dopo l’ultima di queste udienze: ovvero quanto Pio XII incise sulla sua formazione e quindi su quella di un suo successore: per esempio sui suoi rapporti col mondo politico italiano e col comunismo; ma anche in generale per quanto riguardò la cultura, gli intellettuali, oltre che naturalmente il mondo della Chiesa, di cui queste udienze parlano a lungo. Per fare un importante esempio, si pensi al domenicano belga Félix Morlion, fondatore della Pro Deo, l’attuale Luiss, ma anche specialista in comunicazione e di una vera organizzazione di intelligence anticomunista durata fino agli anni ottanta di cui si sa poco. E Pio XII parlava di lui (o con lui), ma a quale proposito?
Di un tale mare di osservazioni è impossibile fare e ragionare su un elenco completo o anche minimo. Alcuni dettagli però si possono notare perché vengono fuori, uno dopo l’altro, dalla complessa ricerca svolta da Pagano. E vanno al di là di quanto si sapeva già, almeno in parte, o si poteva intuire: per esempio l’azione fortissima di Pio XII sull’Azione cattolica, a cui fornì soldi e nomine (pp. 36, 74, 386); e quella, non poche volte rigida, su De Gasperi (lo definì «esasperante», p. 227) e la Democrazia Cristiana (a partire dall’utile Andreotti), che dovette fare i conti numerose volte con la durezza del Papa, in particolare quando Pacelli voleva appoggiare l’alleanza della DC con gli ex fascisti del MSI (pp. 563, 567, 785); e poi l’ostilità ripetuta verso l’ambasciatrice americana Clare Boothe Luce, cattolica ma divorziata e risposata e soprattutto favorevole verso i protestanti statunitensi – un dato che irritava Pio XII (pp. 736, 747, ecc.).
Ma se questo è ciò che si poteva almeno in parte già conoscere, qualcos’altro colpisce in quanto sinora ignoto o ben poco noto e di segno diverso. Pio XII ricevette o accettò o discusse di diversi americani di alto livello ma anche «problematici»: per esempio i Kennedy e in particolare il padre di John, Joe, miliardario, ambasciatore e molto discusso per i suoi rapporti con i nazisti (p. 264); nonché il figlio Robert, fratello di John e futuro ministro, ricevuto con tutta la famiglia giovanissimo (p. 549); il capo del servizio segreto, l’OSS, la futura Cia, William Donovan (p. 285), e poi diversi generali americani di altissimo grado (p. 136), ma anche quelli tedeschi ed ex nazisti (pp. 127 ss.); l’attenzione con cui Pio XII seguì i film (anche quelli su di lui), in particolare leggendo le recensioni, e avanzando proposte contro alcuni registi (a proposito di moralità, ma non solo): a partire da Mario Soldati, poi Rossellini (un uomo tra l’altro in parte dipendente da Morlion), ma anche Jean Renoir (vedi pp. 160, 240, 436, 604); la durezza verso Benedetto Croce, liberale e del tutto laico (e certo non filocattolico), ribadita il 24 febbraio 1951, quando era ancora vivo e celebrato in Italia (p. 535). E poi colpiscono i numerosissimi interventi su un celebre critico teatrale, Silvio D’Amico, il quale ottenne un forte prestito dal Vaticano che per anni non restituì (come il Papa ribadì numerosissime volte, vedi pp. 294, 306, fino a p. 512): infine Pacelli si rivolse contro di lui (p. 894) perché aveva esaltato La figlia di Iorio di D’Annunzio.
Diversi dettagli colpiscono invece per la sensibilità attenta e rapida di un uomo, Pio XII, che appariva più acuto di Montini oltre che ricco di cultura e preparazione (e attenzione). Pagano nell’introduzione sottolinea la conoscenza che Pacelli aveva fin da giovane dell’astronomia (pagg. XLXIX-LVII) e l’attenzione si manifestò anche una volta divenuto Papa, quando discusse perfino di meteoriti (p. 604) e direttamente di astronomia (p. 686): e fu piuttosto cauto il suo intervento a proposito della vecchia condanna a Galilei, che all’epoca in Vaticano era ancora approvata (Pagano ha dedicato diverse pagine a questo «caso»). Ma si noti anche, nell’ottobre 1949 (p. 393), l’intervento sul sistema di controllo delle nascite adottato dai cattolici, l’Ogino-Knaus. E invece l’atteggiamento positivo (o di attenzione) fin dal 1949 verso la prima televisione (pp. 338, 342, 363, ma anche – e sembra ostile – p. 525) e sui fumetti, per cui voleva una legge (p. 680). E poi, a parte i rapporti tutti da chiarire con i servizi segreti, altri dettagli più problematici, come l’atteggiamento verso il futuro Papa Angelo Roncalli, in sostanza più volte ripreso perché si muoveva e si spostava per il mondo con grande libertà (pp. 28-29, 116, 397, 503).
Questo è solo un piccolo esempio di dati che si possono ricavare da quelle «udienze». Di recente Carlo Ginzburg, in un saggio pubblicato nel libro La lettera uccide (Adelphi), ha sottolineato (p. 213) una frase detta da Papa Francesco nel corso di un’intervista: «non esiste un Dio cattolico, esiste Dio». Non c’è dubbio che Pacelli, che non era gesuita, non l’avrebbe mai detta. Anzi, la parte della Chiesa che adesso sta attaccando Bergoglio discende senza dubbio proprio da questo Pacelli, un grande cattolico erede di secoli di storia, duro e riflessivo.
Per chiudere, un piccolo problema che riguarda proprio un tema emerso dai recenti studi di David Kertzer. Pio XII si occupò in varie occasioni anche del «caso Finaly», i due bambini ebrei e circoncisi che durante la guerra erano stati salvati dai nazisti e custoditi da una pia donna francese. Nel 1948 la donna li fece però battezzare e per anni i bambini non vennero restituiti ai parenti in Israele. Fu un «caso» su cui nel 1953 si aprì una violenta discussione, di cui Pacelli, come si vede bene ora (p. 774) era al corrente, anche per i rapporti che la Chiesa aveva stabilito con alcuni rabbini. Di recente (2020), proprio Kerzter, insieme a un altro studioso italiano, Roberto Benedetti, si è occupato della vicenda prima nel periodico «The Atlantic» e, con ampio corredo di note, nella rivista «Studies in Christian-Jewish Relations»: per la ricostruzione si è avvalso di un grosso fascicolo dell’archivio della Segreteria di Stato (il n. 2079 dell’anno 1950 e sgg., serie Privati), reso ormai disponibile e citato anche da Pagano (pp. 774-5). Come adesso si può vedere anche dall’incrocio con i documenti dell’Archivio Apostolico, quella di Kertzer è stata una ricostruzione precisa. E la decisione del Papa di consentire alla consegna dei due ragazzi, fu data formalmente «aegre» (a stento), secondo le sue parole. Sarebbe stato il caso, in due volumi così ricchi, che nella lunga nota alle pp. 774-5 i saggi di Kertzer non venissero ignorati, ma citati (e magari discussi).