La domanda è: i giovani europei, in prima linea nel  pagare la crisi economica con una forte disoccupazione, valgono come le banche? Per salvare le banche (che, del resto, non sono ancora del tutto al sicuro), l’Europa ha stanziato almeno 700 miliardi di euro. Per la lost generation di coloro che hanno tra i 15 e i 25 anni, senza lavoro in media al 23,5% nella Ue con punte che superano il 50% (Spagna, Grecia), ci saranno 6 miliardi. L’obiettivo del Consiglio europeo che si apre stasera a Bruxelles è di concentrare questo finanziamento su due anni, nel 2014-15, invece di estenderlo, come era stato previsto in un primo tempo, su sette anni. C’è anche l’ipotesi di riservare il grosso della somma agli otto paesi dove la disoccupazione giovanile supera il 30%. Secondo i dati della Commissione europea, nei 27 paesi Ue (che dal 1° luglio saranno 28 con l’entrata della Croazia) ci sono 6 milioni di giovani disoccupati sotto i 25 anni, cifra che sale a 7,5 milioni con i Neet (Not in education, employment or training), cioè che hanno ormai abbandonato ogni iniziativa e speranza. Di fronte alla crescita dell’euroscetticismo e al rischio di un allontanamento definitivo dei cittadini dalla costruzione europea, i 27 capi di stato e di governo sono con le spalle al muro. Ma la disoccupazione giovanile continua ad essere ridotta a un effetto collaterale della crisi. “Non è una semplice statistica – afferma Martin Schultz, presidente dell’Europarlamento che spera di succedere a Barroso alla testa della Commissione se alle europee del 28 maggio 2014 vinceranno i socialdemocratici – è in gioco l’avvenire di un’intera generazione di europei, in altri termini il futuro dell’Europa stessa”. Per Schultz, “l’Unione europea non ha futuro se i giovani di oggi, che saranno gli adulti di domani, non ci credono più”.

La Commissione ammette “cifre inquietanti” sulla disoccupazione giovanile e si è prodigata di fare delle “raccomandazioni” a 19 paesi (consigliando “riforme”, dalla formazione al fisco, fino alla mobilità). Ma non c’è da aspettarsi molto dal Consiglio europeo di oggi e domani, visto che Angela Merkel organizza per il 3 luglio a Berlino una conferenza dei ministri del lavoro sulla lotta alla disoccupazione dei giovani, dove si è invitato François Hollande (mentre José Manuel Barroso, che ha un contenzioso aperto con Parigi ma anche con Berlino, ha dovuto insistere per farsi invitare). Per Merkel la lotta alla disoccupazione giovanile fuori dalla Germania fa parte della battaglia per migliorare l’immagine dei tedeschi in Europa, estremamente degradata, con Berlino messa sotto accusa per aver imposto un rigore che ha portato solo miseria. Per Hollande l’ “inversione della curva” della disoccupazione entro fine anno è ormai una questione di vita o di morte della sua presidenza. “La lotta contro la disoccupazione dei giovani costituisce la sfida sociale e politica più importante che abbiamo di fronte”, hanno scritto Merkel e Hollande in un testo comune pubblicato il 30 maggio scorso.

Ma quando dalle dichiarazioni di principio si passa i fatti, la delusione è assicurata. 6 miliardi sono pochi, anche se concentrati su due anni. Dovranno servire per finanziare la “garanzia giovani”, la principale idea sul tappeto, già approvata dai 27 ministri degli affari sociali della Ue, ma non ancora tradotta in legge da nessuna parte, a parte Finlandia e Austria che l’hanno applicata con un certo successo: ogni giovane dovrà vedersi proporre, nell’arco di quattro mesi dalla fine degli studi o dalla perdita del lavoro, un’occupazione o un apprendistato o uno stage (possibilmente remunerato) oppure una formazione con proseguimento degli studi. La Commissione afferma che nella Ue ci sono 1,7 milioni di offerte di posti di lavoro che restano vacanti. Viene quindi proposto un approfondimento della formazione, per venire incontro ai bisogni delle aziende, ma anche della mobilità intra-europea (Berlino, per esempio, ha già concluso con la Spagna un accordo per l’accoglienza di 5mila giovani spagnoli, che avranno una formazione o un apprendistato o un lavoro in Germania). L’altro argomento del Consiglio europeo è facilitare i crediti bancari alla piccola e media impresa, che cosi’ potrà assumere dei giovani. Oggi le banche non vogliono più prendere rischi e chiudono il rubinetto dei prestiti. L’idea della Ue è di destinare alla piccola e media impresa gran parte dei 60 miliardi di capacità di crediti supplementari della Bei (rifinanziata con 10 miliardi un anno fa, che per l’effetto leva diventano 60). “Bisogna che la Bei acceleri le procedure di finanziamento e prenda maggiori rischi” dicono a Parigi, anche se la prudenza è d’obbligo, visto che la Bei, che ha un rating AAA, non puo’ rischiare di perdere il rango a causa di avventure sconsiderate, specialmente in paesi che hanno perso le 3 A.