Maurizio Pessato, vicepresidente dell’istituto di ricerche SWG con sede a Trieste, questa volta gioca in casa. Perché oltre ad essere esperto di dinamiche della politica e della società è anche friulano, triestino per la precisione. Al di là delle statistiche, non esita a definire «straordinario» l’esito del voto che ha premiato Debora Serracchiani in Friuli Venezia Giulia. «Per l’astensione record, perché di fatto non si può proprio dire che il centrosinistra abbia vinto queste elezioni».

L’affluenza alle regionali però è sempre stata più bassa delle politiche.

Questo fattore incide anche qui, ma in Friuli ha votato solamente il 50% degli aventi diritto. La metà. Anzi, se calcoliamo anche le schede bianche e le nulle, siamo sotto la metà, un fatto inedito tanto più da queste parti.

Perché tanto più?

Perché il Friuli è una regione «ordinata» che ha sempre votato molto, con percentuali sopra la media del nord Italia. E poi è una regione a statuto speciale, ci tiene molto alla sua autonomia e poi la popolazione di quest’area ha sempre avuto un buon rapporto con le istituzioni. Per questo in Friuli un’astensione così pronunciata è davvero una sorpresa, un segnale enorme che dice quanto sia cresciuto il distacco dai partiti e dalle istituzioni. Mi viene da pensare che se si votasse in questo momento in altre aree del paese – penso al meridione – la partecipazione precipiterebbe al 30%.

Lei come si spiega questa fuga dal voto?

C’è una sorta di qualunquismo temperato, quelli che dicono «tanto uno vale l’altro», ma c’è soprattutto una contingenza politica straordinaria: i due mesi dopo le elezioni sono stati tremendi. C’è qualcuno che ancora non si rende conto cosa significa far scappare la metà dei friulani, la politica sta giocando col fuoco.

Quindi il centrosinistra, con la vittoria di Debora Serracchiani, ha poco da festeggiare.

La Serracchiani ha vinto ma di un soffio e solo perché ha preso molti più voti della sua lista, circa il 30% in più quando solitamente il candidato raccoglie circa il 15% di consensi in più rispetto ai suoi partiti di riferimento. Di fatto, se guardiamo ai partiti, il centrodestra ha preso più voti – mentre alle scorse politiche i due schieramenti erano sostanzialmente in parità. Serracchiani è una figura che si discosta dal classico cliché del politico professionista, mentre Tondo era il presidente uscente e quindi un candidato più usurato, e nonostante questo stiamo parlando di una vittoria per una manciata di voti. Quindi per il centrosinistra c’è poco da stare allegri.

Il movimento di Grillo però è calato di molto.

Il calo secco del Movimento 5 Stelle rispetto a due mesi fa – dal 27,7% al 19,2% – dimostra ancora una volta che Beppe Grillo riesce a scaricare la tensione più a livello nazionale che locale. La stesso fenomeno si è verificato anche alle elezioni regionali lombarde e laziali. Ma in Friuli Venezia Giulia la differenza è stata ancora più netta, significa che buona parte dell’elettorato non ha premiato l’atteggiamento di Grillo, troppo roccioso e intransigente. Gli elettori più impazienti, diciamo pure riformisti, avrebbero voluto risultati immediati e un atteggiamento più dialogante. Forse recupereranno nei prossimi mesi, con un governo che lascerà campo libero all’unica opposizione, almeno così potrebbero percepirla gli elettori.

L’astensione straordinaria è una campana che sta suonando anche per il centrodestra?

L’astensionismo sicuramente ha penalizzato anche Pdl e Lega ma in misura minore. Anche questo è un segnale che rimanda alla contingenza politica, nazionale e non solo friulana. Del resto lo dicono anche i sondaggi più recenti, è evidente che oggi l’opinione pubblica decodifica la situazione politica in un modo preciso: la maggioranza in questo momento pensa che lo stallo e l’incapacità di governare il paese non sia colpa del centrodestra.