Nomi cari al pubblico cinematografico sono in programma al Bifest di Bari diretto da Felice Laudadio alla sesta edizione (21-28 marzo), dai classici Fritz Lang e Rosi a cui sono dedicate due personali, alle lezioni di cinema tenute da Alan Parker, Costa-Gavras, Ettore Scola, Andrzej Wajda, Edgar Reitz, Margarethe von Trotta per finire il 28 con un attesissimo Nanni Moretti, ai numerosi film nelle varie sezioni (www.bifest.it).

La particolarità di questo festival è che attira un numero straordinario di pubblico, studenti che si affollano spesso in lista di attesa per poter accedere alle proiezioni e agli incontri ( 70 mila ingressi lo scorso anno). La presenza alla conferenza stampa di presentazione di Nichi Vendola ha assunto un valore particolare in vista della sua fine di mandato, bilancio di una stagione irripetibile per la Puglia, anzi, come ha detto, tale da non poter provocare «gelate sui germogli che abbiamo fatto nascere»: sono stati anni di grande risveglio culturale in tutta la regione, di teatri ricostruiti, di Bollenti spiriti che hanno rimesso in discussione le organizzazioni del lavoro giovanile, del primo piano paesaggistico in Italia. E di una Apulia film Commission che ha veicolato in tutto il mondo l’immagine della regione, compreso questo festival che ha creato consuetudine con la cultura nel cuore di una città che all’inizio del mandato aveva ben più di un teatro in macerie

Ettore Scola, presidente del Bifest, con la sua pacata ironia riesce a lanciare sempre segnali e fermenti, come quando commenta la personale di Francesco Rosi: «dire che Rosi è un regista impegnato è riduttivo. Rosi era un regista che sapeva che cosa è il cinema e a che cosa doveva servire, soprattutto in Italia il paese dell’oblio, dei misteri anche dopo cinquant’anni. I film di Rosi hanno chiarito le idee anche a chi non li ha visti, hanno stimolato la volontà di chiarezza». Ricorda poi la scena del suo film Splendor dove un bambino porta la sedia in piazza di fronte al lenzuolo squassato dal vento dove a sera si proietterà Metropolis di Fritz Lang e un pubblico di paesani piuttosto ignoranti rimarranno in silenzio a vedere il primo grande robot del cinema.