Un fatto strabiliante è che a New York gli elenchi del telefono funzionano perfettamente così per la seconda volta, l’avevo fatto anche nel ’95, appena arrivata ho cercato il numero del mio caro amico Adam Fuss, artista della fotografia, e con la massima facilità l’ho trovato nonostante non abitasse più dove l’avevo lasciato 17 anni fa.

Il ragazzo Adam si presentò a casa nostra (mia e di Marco Solari) nel 1984 in cerca di ospitalità che gli fu data, qualche amico d’oltreoceano gli aveva dato il nostro numero di telefono, armato di esigui bagagli tra cui spiccava una specie di scatola da scarpe con un buco sul lato corto , il giovane anglo-australiano non spiccicava una sillaba d’italiano ma aveva uno sguardo sornione e si mimetizzava perfettamente nello spazio spendendo lunghe ore immerso nella lettura , era in giro per il mondo con la sua pinehole camera, macchina fotografica artigianale priva di lenti che impressiona la pellicola direttamente con il manuale dosaggio di luce che il fotografo, decide tappando più o meno a lungo il buco, il risultato è una foto con una messa a fuoco centrale che sfuma e distorce i contorni.

Adam fotografò in quell’anno alcune sculture nei musei capitolini, visse con noi abbastanza a lungo da stabilire un tipo di amicizia profonda fatta soprattutto di quotidianità ed osservazione, anche se non si parla la stessa lingua, se ci sveglia nella stessa casa per un certo numero di mattine senza detestarsi, dopo un po’ ci si conosce e si diventa amici, ce lo portammo anche in tournee a Milano credo, ma quando quest’anno gli ho chiesto se ricordava lo spettacolo mi ha risposto che durante quel viaggio aveva letto tutto il tempo e che si sente ancora in colpa per questo, ma io lo perdono.

Insomma dopo qualche mese di convivenza Adam se ne tornò negli States , una volta telefonò da lì ma le nostre vite seguirono il proprio fato senza incrociarsi per molti anni e senza che io avessi mai visto il risultato di quelle foto fatte con la scatola. Poi alla fine del 1995 entrai in possesso di un biglietto per N.Y. dove però non avevo più molti amici e così chiamai dall’Italia la società dei telefoni americana e tentai la sorte mi diedero un numero e prima di farlo mi chiesi se Adam si fosse ricordato di me, comunque provai, “sono Alessandra do you remeber?” “Ciao Ale i’m so happy you are alive! “ e così ci siamo rivisti come se il tempo si fosse annullato, lasciando appena quello necessario e sintetico di raccontarsi anni di vita figli e compagni .

Adam era già un artista molto conosciuto i marmi romani gli erano serviti per la sua prima mostra personale, ma la sua ricerca si era spinta molto oltre. In uno studio spazioso in cui abitava un coniglio grassottello campeggiava una grande apparecchiatura per lo sviluppo e la stampa di grandi fogli di carta Cibachrome sensibile con cui creava immagini (senza internegativo), a colori o in bianco e nero poggiandovi sopra soggetti reali nelle loro vere dimensioni “ho capito che questa era una strada per realizzare immagini senza aver bisogno del mondo esterno, Io potevo generare immagini da solo” tutto lo studio si trasformava in una camera oscura “ero in questo spazio buio con questo materiale sensibile che potevo illuminare in un’infinità di modi diversi . potevo catturare l’ombra di un oggetto o la sua trasparenza “ .

Di questo periodo sono le foto dell’acqua , dei girasoli, e le prime foto dei bambini, e quelle dei conigli e quelle astratte realizzate usando i materiali organici più disparati in un percorso molto personale in cui l’artista esplora continuamente la naturale connessione tra vita e morte. Un giorno che lo aspettavo da sola nel suo studio aprii un enorme frigorifero dove giaceva, immenso, il fegato di una mucca, adesso ha lasciato la sua traccia in una composizione misteriosa ed astratta.

Fuss è cresciuto tra l’Australia e la campagna inglese dove tuttora abita sua madre nel West Sussex a due passi dalla casa dove visse William Blake, il poeta romantico e visionario che molto lo ha influenzato , paradiso rurale per gli artisti del tempo, ancora preservato, Adam possiede una grande collezione di dagherrotipi di differenti soggetti, nella sua evoluzione tecnico-artistica è riuscito a realizzare il più grande dagherrotipo di tutti i tempi. Il suo lavoro è esposto in molti musei nazionali ed internazionali e le sue mostre sono strettamente connesse al suo sentire tra le più recenti My Ghost (2000-2009) una serie di grandi immagini di fumo , poesie appena leggibili, uccelli in volo, farfalle, e vestitini da battesimo colti nella loro trama trasparente su cui a volte s’intreccia l’ombra di alcuni serpentelli d’acqua , e la propria sagoma- ombra.

A questa serie segue For Allegra, suo ultimo perduto amore, a cui dedica impalpabili elegantissime code di pavone. Proprio alla fine della tumultuosa storia con Allegra, Adam Fuss si è recato in India a fotografare il Taj Mahal (in particolare le decorazioni floreali che circondano tutto il palazzo ) su cui sta attualmente lavorando. In un bellissimo libro che mi ha regalato prima di partire leggo “ nel lavoro di Fuss tutto è personale: le spirali, i serpenti, l’acqua, la polvere, i cigni, tutto è l’artista stesso sono tutti autoritratti, nessuno di questi oggetti rappresenta solo se stesso, sono tutte metafore connesse alla vita, per la vita, la vita vissuta da questo uomo.” L’ultima immagine che mi si è impressa nella retina, che ho visto nel suo nuovo, grandissimo studio, è una lunga, lunghissima tenda trasparente bianca su fondo nero, così lunga che sono dovuta salire in cima ad una scale per poterla comprendere tutta. Sarebbe bello che qualcuno dei nostri archistar-musei , purtroppo sempre più economicamente disastrati , organizzasse una mostra per far conoscere questo artista così unico e speciale anche qui da noi .