Giorgio ha 85 anni, vive nel passato da quando l’Alzheimer lo ha catturato. Ma è stato poeta e sa offrire momenti insospettabili di arguzia e simpatia. Alessandro ne ha 23 e vive solo nel presente. Si trascina al bar da perdigiorno con gli amici, non ha lavoro né futuro, è solo capace di prendersi a cornate con il padre ambulante. L’incontro tra i due è improbabile ma fruttuoso. Tocca fare i conti con gli amici di Alessandro invadenti e un po’ stronzi, con una caccia a un tesoro sepolto, con due universi paralleli che all’inizio non si comprendono, neppure verbalmente, poi pian piano sembrano avvicinarsi e condividere.

Francesco Bruni è sceneggiatore di rango, prende spunto da vicende personali, poi aggiunge pennellate di senso e di emozione. Ecco allora una stanza con la tappezzeria incisa con scritte evocative, il Grande Torino alla console, tutto contribuisce a tratteggiare un frammento del nostro mondo. Per interpretare l’anziano poeta, Bruno ha chiamato Giuliano Montaldo, un regista, che ha profuso una grande carica di simpatia per costruire il suo personaggio, mentre siamo ormai al cliché nel linguaggio cinematografico giovanile, che sembra saper riprodurre solo quello della curva Sud dell’Olimpico.