Gli anniversari delle guerre sono una cosa tetra. Se l’umanità imparasse davvero dai propri errori capitali, il ricordo degli orrori e della violenza di antichi e clamorosamente inutili episodi bellici che causarono morte e rovina non andrebbero rimossi. Ma non è così, e se conviene ricordare che è trascorso un secolo dal primo conflitto mondiale non è solo per il rispetto imperituro che si deve a chi venne coinvolto, suo malgrado, con patriottici inganni e con tragici esiti nei giochi di potere di nazioni impazzite, ma per realizzare, ancora una volta, la becera ottusità di una guerra da cui solo una disumanità futurista ha potuto trarre accenti poetici, trasformando in matematica evoluzionistica il conteggio abominevole dei cadaveri.
Cinema e letteratura andarono, in alcuni casi, oltre le ebbrezze di chi considerava la guerra «la sola igiene del mondo», cantando lo scempio dei conflitti armati e la sofferenza che ne scaturì. Tuttavia ha recentemente destato un certo sospetto che, in occasione di questo centenario sia uscito un videogioco dedicato agli eventi della prima guerra mondiale.
É stato facile immaginarsi uno sparatutto dove un soldato indistruttibile si fa largo tra le trincee a colpi di moschetto e baionetta massacrando orde di anonimi nemici numerici. D’altronde succede quasi sempre così nei giochi di guerra. Invece ogni pessimistica ipotesi è sfumata nel sollievo e nella meraviglia quando infine è uscito Valiant Hearts The Great War, piccolo e smisurato gioco reperibile da scaricare nei market online di Sony e Microsoft, perché adesso anche i videogame hanno il loro Orizzonti di Gloria.
Sviluppato da Ubisoft Montepellier con il motore grafico UbiArt Framework, già utilizzato per capolavori della visione pittorica come Rayman e Child of Light, Valiant Arts è un videogame che travolge il genere bellico assuefatto alla cieca violenza numerica, con un nuovo umanesimo che scardina le regole dell’uccisione fine a se stessa. E ci fa così vivere le nefandezze della Prima Guerra Mondiale dal punto di vista degli eroi disperati e non-violenti che vi parteciparono. Un gioco questo in cui non si sparano che rarissimi e tormentati colpi d’arma da fuoco, e dove l’unica cosa che conta è la volontà di sopravvivere per amore e altruismo.
Valiant Hearts, disegnato a mano con l’arte visionaria di un fumetto cinetico, racconta di due amanti separati dalla guerra: Klaus, un tedesco deportato dalla Francia, e Marie, francese incinta di suo figlio. Il gioco consiste nel tentativo epico di riunire i due innamorati e nelle gesta di quattro eroi che metteranno a rischio la propria esistenza affinché la famiglia si riunisca.
In un’avventura che utilizza i mezzi del rompicapo per superare le migliaia di avversità della terra franco-belga martoriata dalle trincee, controlliamo quattro personaggi indimenticabili: Emile, il barbuto padre di Marie; Freddie, un african-american che si è arruolato volontario nell’esercito francese; Anna, un’infermeria ribelle e pietosa; Klaus, che compie eroismi super-umani per rivedere l’amata perduta e Walt, cane addestrato per il soccorso.
Come le voci di un corale sinfonico i personaggi di Valiant Hearts ci accompagnano attraverso l’abominio della guerra mostrandocene le innumerevoli nefandezze, e cantando negli gli episodi di eroismo e miseria, in una tensione elegiaca che rimanda alla consapevolezza pacifista a venire, la speranza delle fine di ogni dissidio.
Non c’è solo la dimensione ludica, ma quella formativa, aneddotica e propedeutica in Valiant Hearts. Mentre giochiamo troviamo e leggiamo le lettere dei soldati al fronte che gli sviluppatori hanno raccolto dagli archivi e dai musei, scopriamo oggetti che raccontano la Storia e ci rivelano grandezza e infamia.
Bellissimo da vedere, giocare e ascoltare grazie ad una colonna sonora dolente e ispirata tra cui suonano fantasmi mahleriani, Valiant Hearts è un’esperienza concisa come un grande sonetto.
Non rimpiangerete nessuna delle poche ore che ci vogliono per completarlo, ore di esemplare grandezza e lirica che, soprattutto chi considera i videogame «giochini» violenti, scacciapensieri, insulsi e anti-educativi, dovrebbe sperimentare anche a costo di qualche lacrima necessaria perché gli spettri di un orribile passato-presente affoghino per sempre nella loro lugubre tomba.