Le tecnologie disponibili per l’innevamento artificiale hanno fatto grossi passi in avanti negli ultimi 30 anni. L’utilizzo di additivi chimici è ormai vietato in moltissime parti del pianeta, ma la tecnologia tradizionale richiede comunque temperature negative per funzionare e una quantità d’acqua importante. Con un metro cubo di acqua si producono circa due metri cubi di neve artificiale. Secondo una stima del WWF, ogni anno sulle piste italiane vengono impiegati a questo scopo circa 95 milioni di metri cubi d’acqua e 600 gigawattora di energia, pari al fabbisogno di una città di circa 1 milione e mezzo di abitanti. Sostanzialmente i cannoni polverizzano nell’aria minuscole gocce a una pressione elevatissima, il mix con l’aria compressa le trasforma in fiocchi. I classici cannoni da neve lavorano dai meno 3 gradi in giù e con un tasso di umidità preferibilmente compreso tra il 10 e il 20%. Più l’umidità cresce, più servono temperature basse. Al diminuire della temperatura però la quantità di neve che si riesce a produrre cresce in maniera esponenziale. Così, se a -4° si possono fare 4-5 metri cubi l’ora di neve, a -10° si riesce a produrre anche una quantità dieci volte superiore. «Negli anni ’90 nevicava poco ma avevamo temperature buone per la produzione – spiega Francesco Besana, ingegnere e fondatore di Neve XN – oggi invece fa più caldo. C’è meno tempo per innevare, bisogna sfruttare le finestre meteo favorevoli e da qui nasce l’esigenza di immagazzinare acqua». Non sempre però si presentano le condizioni minime per lavorare, e il team di Besana ha messo a punto una macchina per produrre neve a temperature positive: «Il meccanismo è simile a quello di un grande frigo all’interno del quale ricreiamo le condizioni di temperatura per fare lavorare il cannone da neve». Ovviamente il costo energetico è superiore: «Se una macchina tradizionale consuma 25 kilowattora per produrre 5 metri cubi nelle condizioni indicate precedentemente, noi consumiamo di più». La tecnologia sviluppata da Besana può però sfruttare in parte energia termica di scarto: in val di Fiemme una macchina per la neve è stata installata presso la centrale di teleriscaldamento di Cavalese. L’impianto comunale per la produzione di energia funziona a biomassa e il macchinario associato sfrutta i fumi di scarico per soddisfare parte del proprio fabbisogno energetico: «Così il consumo scende a 10 kilowattora, appena il doppio rispetto a un cannone tradizionale. Inoltre riduciamo la temperatura dei gas immessi in ambiente a 100 gradi invece che 200».
L’aspetto più interessante è che al momento la centrale a biomassa brucia il cippato proveniente dalle foreste distrutte dalla tempesta Vaia: da un evento catastrofico la popolazione locale è riuscita a recuperare una fonte di energia pulita, sostanzialmente a chilometri zero. «Abbiamo anche un accordo di fornitura per la Marcialonga» aggiunge Besana. La famosa gara internazionale di sci nordico che si è tenuta come ogni anno in valle è un banco di prova provante per testare anche sotto l’aspetto qualitativo il prodotto. «Angelo Corradini (il presidente della manifestazione, ndr) dice che questa neve ha una buona densità. Per un evento del genere si tratta di un aspetto positivo. Se da noi la neve naturale a quota 2mila metri può avere un valore di circa 300kg al metro cubo, la nostra sarà sui 450-480. È più facile da battere». Le controindicazioni di una neve pesante sono soprattutto legate alla sopravvivenza del manto erboso sottostante, che rischia di «soffocare» prima dello scioglimento primaverile: «Ma sono problemi che ormai non si riscontrano più – risponde Besana-. Gli impiantisti provvedono dove necessario all’inerbimento. Addirittura in Alto Adige su alcune piste fanno il fieno o mandano a pascolare gli animali».