L’essere percepisce il suo divenire attraverso il corpo, punto d’incontro tra il proprio io e l’altro, l’esperienza del mondo e della natura. Come un segno che muta sotto gli stimoli della contemporaneità, il corpo è al centro delle riflessioni e degli incontri di Tempora Contempora – Focus internazionale sulle arti performative che esplora il presente e le tensioni verso il futuro attraverso la connessione multidisciplinare di teatro, danza, archeologia e linguaggi audiovisivi.

Il festival diretto da Franco Ungaro e promosso dall’Accademia Mediterranea dell’Attore, torna ad abitare dal 5 settembre all’8 ottobre gli spazi del Polo Biblio Museale di Lecce, dove la coreografa Francesca Foscarini e lo scrittore Cosimo Lopalco reinterpretando le opere della collezione archeologica del museo Castromediano di Lecce creano, nello spettacolo Museum – Paesaggi del corpo ( 5–6 settembre), un museo parallelo da cui far scaturire nuove narrazioni del corpo vivente. La danzatrice Vania Vaneau nello spettacolo Nebula (13 settembre) svela tra metamorfosi, riti, materiali e gesti, gli strati fisici e psichici di quella che chiama «archeologia del corpo», un viaggio che trascende il tempo per interrogarsi sul rapporto tra corpo umano e natura come incontro di campi di forze dando vita così ad altri stati e forme dell’essere: attraverso lo stato naturale degli elementi, futuro e passato s’incontrano per disegnare una nuova cosmogonia, una «fantascienza preistorica».
Come un ponte per comunicare con il mondo, il corpo è un filtro che percepisce gli stimoli esterni e reagisce all’ambiente circostante accogliendo l’identità che si trasforma sotto il lavoro continuo della psiche. La scelta di accettare il proprio corpo o di trasformarlo attraverso i modi in cui è esibito, è alla base dello spettacolo Our body our choice (24-25 settembre) della danzatrice e regista giapponese Ayane Nakagawa che, unendo diversi elementi del Nihon Buyo (tipo di danza tradizionale giapponese), trascende il concetto di genere attraverso la fisicità e il movimento. All’interno della scena gli attori indossano un koomote (maschere Noh modellate su un giovane volto femminile) e camminando lentamente in avanti nei suriashi (piedi che scivolano sul pavimento) disegnano nello spazio un dialogo continuo tra il corpo e l’io. L’affermazione del proprio corpo e della propria identità è anche al centro del film La discoteca (30 settembre) di Jacopo Miliani, un viaggio all’interno del mondo delle discoteche in cui il corpo era un mezzo di sperimentazione della propria identità e delle proprie emozioni.

Il regista combinando i linguaggi di arte, cinema, performance e danza, mette in scena un omaggio all’universo edonistico delle sale da ballo anni ’80 e ’90 e al loro oblio: in un futuro distopico le discoteche hanno perso il loro potere aggregativo, di divertimento e scoperta spontanea dell’altro; il ballo e l’emozioni sono proibiti mentre un’applicazione digitale sorveglia le case, il controllo delle nascite e seleziona i partecipanti per una serata in discoteca, dove consumare un rapporto intimo controllato e impersonale. Tra i colori sgargianti dei neon, Milani mette il corpo dello spettatore al centro di un’esperienza visiva e fisica offrendo una narrazione aperta sulla costruzione dell’io, la sfera della sessualità, la queerness e la fluidità di genere, il rapporto tra scelte personali e società.

All’interno dello spettacolo teatrale Andrea Prima mia parola (8 settembre) Lorenzo Paladini ricostruisce sulla scena il mondo interiore di Andrea, un ragazzo autistico che vive la sua esistenza senza certezze e punti di riferimento. Nascosto all’interno della sua mente, Andrea vive una vita inespressa fatta di solitudine e costellata dalle parole dei suoi autori preferiti Pennac e Shakespeare; finché un giorno non prova a leggersi. La sua condizione mai indagata lo porta ad esplorare le profondità del proprio mondo, con le incomprensioni e le conflittualità che ne derivano.