I cani Ascanio, Shrek, Fiona, Michelina, Zoe e Olimpia sono due femmine e quatto maschi di razza pitbull, che hanno addosso tutti i segni possibili del maltrattamento: cicatrici, ferite aperte, magrezza, fobia e difficoltà ad interagire o relazionarsi con i loro simili. Il loro sguardo è pieno di dolore e di paura. Molto probabilmente utilizzati per combattimenti clandestini, sono stati sequestrati nell’ambito di un’operazione condotta in provincia di Salerno dalla Procura della Repubblica di Lagonegro, dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di Sala Consilina con l’ausilio dei Carabinieri Forestali di Padula. Nell’ambito dell’intervento è stato scoperto uno spazio allestito come palestra per l’addestramento e predisposto per la riproduzione degli animali. I sei cani si trovano ora in un rifugio di Roma sotto la custodia giudiziaria della Fondazione Cave Canem, associazione di tutela degli animali familiari, e stanno intraprendendo un percorso di recupero psico-fisico. Il salvataggio è avvenuto nell’ambito di un progetto appena partito – Io non combatto (http://www.iononcombatto.it/) – che vuole affrontare in maniera strutturata un fenomeno presente ma sommerso. Oltre a Cave Canem, partner del progetto è Humane Society International (Hsi) di cui Martina Pluda è presidente.

Quanto è diffuso ancora il fenomeno dei combattimenti clandestini in Italia e nel mondo e con quali caratteristiche?

Il fenomeno dei combattimenti clandestini è tutt’altro che sconfitto, coinvolge diverse specie, fra cui i cani. In Italia è un reato punito dall’art. 544 quinquies del Codice penale. Si tratta di una pratica illegale e crudele, che prospera nel sommerso sia a livello nazionale che internazionale. Spesso, ma non solo, si tratta di reti criminali organizzate, coinvolte in diverse altre pratiche illecite e/o di stampo mafioso. Attorno a questi ring girano scommesse e grandi somme di denaro. I cani sono costretti a sfidarsi per far divertire gli spettatori. Le razze di cane maggiormente usate sono quelle della famiglia dei molossoidi – alano spagnolo, pitbull americano, boxer, bulldog americano, cane corso, mastino inglese, brasiliano o napoletano, pastore dell’Asia Centrale, Rottweiler, Sharpei – e altre ancora.

Quali i soggetti coinvolti e chi ci guadagna?

Nel 2018 sono state denunciate 9 persone e sono stati sequestrati 20 cani. I reati correlati vanno dallo spaccio di sostanze stupefacenti all’associazione per delinquere, dalla violazione di domicilio al furto di energia elettrica, dall’invasione di terreni alla ricettazione degli animali. Dal 1998 fino al 2017 sono stati sequestrati circa 1.244 cani e 120 galli da combattimento, 511 le persone denunciate comprese 16 arrestate. Almeno tre i combattimenti interrotti in flagranza. E’ facile ipotizzare che il fenomeno abbia una portata ben più ampia, che parte dall’Europa dell’est e si estende in tutta Italia e che costituisca un’attività perpetrata tanto dalle organizzazioni criminali ben strutturate quanto dalla piccola criminalità. Inoltre, non va trascurato il fatto che i combattimenti, soprattutto a livello professionale, sono un’attività internazionale. Non solo in termini transfrontalieri all’interno dell’Ue, ma anche con il coinvolgimento di attori provenienti da altre parti del mondo.

Esistono segnali di riconoscimento della presenza del fenomeno che possono mettere in allerta?

Alcuni indicatori gli animali li portano sul loro corpo: cicatrici e ferite sul muso, sulle zampe anteriori, sulle estremità posteriori (coda) e sulle cosce. Ferite da perforazione, musi gonfi e orecchie maciullate sono anche segni rivelatori di combattimenti, come ossa storte a seguito di fratture mai guarite del tutto. Per quanto riguarda i segnali provenienti dal territorio, è comune per i dogfighters tenere i pitbull a catena, con catene pesanti e lucchetti. Nelle aree più urbane dove non c’è molto spazio all’aperto, i pitbull sono spesso tenuti in scantinati, box o capannoni. In generale, se una casa/un terreno ha più pitbull che sembrano aggressivi, fobici, non sterilizzati, maltrattati o non socievoli, è altamente possibile che vengano usati per i combattimenti. Anche i farmaci sono degli indicatori: anche se possono avere usi legittimi, sono frequentemente trovati in connessione con attività illegali di combattimento tra cani. Alcuni farmaci comunemente usati sono steroidi, anabolizzanti, antibiotici e integratori. Poi ci sono le attrezzature specifiche per questo tipo di addestramento: tapis roulant, bastoni, spring pole (si chiama così anche in italiano), camminatori, tipo quelli che si usano per i cavalli ma più piccoli.

Quali le conseguenze sugli animali che riescono a sopravvivere?

Il coinvolgimento in queste attività causa gravi danni fisici e psicologici ai cani allenati per combattere. Ferite e cicatrici agli arti e sul muso, morsi alle orecchie e ossa fratturate sono alcuni degli esempi dei danni fisici riscontrati nei combattenti. Quelli psicologici non sono da sottovalutare rispetto a quelli fisici. Le ferite del corpo si rimarginano; traumi, fobie e disturbi comportamentali richiedono tempo, pazienza e l’esperienza di educatori cinofili specializzati per aiutare il cane ad affrontare situazioni e interazioni che dovrebbero rientrare nella sfera della normalità: passeggiare al guinzaglio, interagire con i propri simili, fidarsi dell’essere umano. Bisogna accompagnare il cane nello sviluppo di associazioni positive con l’uomo, altri cani/animali e l’ambiente circostante. Vittime sono anche i cani utilizzati come fattori o fattrici, detenuti in piccole gabbie, privati di stimoli e di una gestione in linea con le caratteristiche etologiche della specie. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti sparring partners, ovvero animali come cani, gatti, cinghiali e uccelli domestici, usati per l’addestramento brutale dei combattenti.