Se a un diciottenne si chiede la differenza fra rap e trap è facile avere una risposta. Magari vaga perché, malgrado alcuni addetti ai lavori si scannino per disciplinare una definizione unanime, ci sono molti punti d’incontro e qualche differenza. Il contrasto con la vecchia scuola rap è naturale, come allo stesso tempo il fatto che alcuni della scena trap, come in un dramma edipico in piena regola, prendano le distanze dal rap. Artisti nati nei ’90, con il culto dell’elettronica, dei software con librerie di suoni da mixare, delle immagini e dei video curatissimi che, nelle loro canzoni, diventano – spesso – virali.

Ghali, italiano con genitori tunisini, della periferia milanese e una vita difficile alle spalle (papà rinchiuso a San Vittore e mamma malata), è già stato definito il futuro della musica italiana. Il disco Album – etichetta indipendente Sto records – ha una forte vena pop ed è entrato subito in classifica mentre i suoi video su YouTube fanno numeri impressionanti, con 52milioni di visualizzazioni del brano Ninna Nanna, diventato anche il più ascoltato su Spotify.

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Malgrado l’uso dell’autotune (il software che permette di robotizzare la voce) possa conformare il tono e nascondere i difetti vocali, è invece Laioung che, con il suo album di esordio Ave Cesare: Veni, Vidi, Vici (Sony), dimostra come anche la voce filtrata e distorta possa essere uno strumento innovativo e vincente. Nato a Bruxelles, ma con mezzo sangue italiano e sierraleonese, è un giramondo cresciuto in una famiglia d’arte, con madre cantante e nonno tenore. Non è uno sprovveduto ma «un cittadino del mondo», come si definisce lui, tanto che la sua creew The RRR Mob (di cui tra poco uscirà un disco) è la prima in Italia interamente composta da afro-italiani. Il suo vero nome è Giuseppe Bockarie Consoli, ha creato il nome d’arte da lion e young. Nell’album fra l’altro c’è il feat con Guè Pequeno, quasi a dimostrare come la trap sia una costola del rap.

Laioung è un talento puro, nei suoi 18 brani distribuiti in due cd, bpm lenti, rullanti, slang, accenni RnB, creando un sound senza riferimento fissi. Altro ospite nel disco di Laioung è il genovese Izi che a maggio è uscito con il suo secondo album Pizzicato (Thaurus/Sony) prodotto per lo più con Shalbo, subito primo nella classifica Fimi. Un album impregnato di sensazioni che si sono fatte consapevolezza e segnato dalla sua storia personale; il diabete l’ha ridotto in coma diverse volte.

Izi,ora impegnato nel «Pizzicato Summer Tour» nelle principali città italiane, è stato anche il protagonista di Zeta, film del 2016 diretto da Cosimo Alemà, e ha fra i suoi feat Fabri Fibra in Dopo esco. In alcuni pezzi l’elettronica convive con piano, chitarra e batteria, producendo un sound malinconico e seducente. La trap ha un ritmo differente dal rap e al primo ascolto può sembrare eccessivamente artificiale, certe volte raffazzonata, magari confusa con il peggior pop, ma il suo andamento più lento e riflessivo, meno tagliente del rap, rappresenta a pieno il flusso emotivo di una generazione distante dai criteri della musica moderna e, come unico profondo riferimento culturale, lo spaesamento.

IZI

È un percorso difficile per chi, con qualche anno in più, vuole confrontarsi e capire come mai la trap riscuota tanto successo, che richiede tempo e la medesima sensibilità sonora che questi giovani musicisti hanno avuto nell’immedesimarsi in un linguaggio autentico.