«Le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle». Accanto alla multa (dal dubbio valore giuridico) di 150 mila euro che dovrebbero pagare gli eletti che si trovassero a praticare la libertà di mandato, il nodo politico del contestato «codice di comportamento» rivolto a candidati ed eletti del Movimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Roma sta tutto in questo passaggio. Inserito al paragrafo «d» dell’articolo 2, il comma riguarda l’autonomia politica della futura amministrazione del Comune di Roma.

Ieri alla Camera, i parlamentari Roberta Lombardi, Paola Taverna, Carla Ruocco e Alessandro Di Battista hanno chiarito alcuni passaggi. Trascinati dalla ormai consueta carica adrenalica del deputato viterbese, i pentastellati hanno affrontato i giornalisti per ribadire l’importanza strategica della conquista di Roma. Cominciano con l’annuncio di una «cura anti-sprechi» in grado di recuperare un miliardo e duecentomilioni di euro. Si mostrano consapevoli della prova decisiva di questo voto romano. Tanto più in giorni complessi, mentre piccole e grandi polemiche accendono dibattiti e mettono in crisi certezze. Sulla mappa a 5 Stelle del paese compaiono spie d’allarme. È esploso il caso della villa abusiva del sindaco Patrizio Cinque a Bagheria. Si assiste all’imbarazzo per un candidato sindaco vicino al senatore locale Nicola Morra. Scelto senza voto online, l’ingegner Gustavo Coscarelli si è scoperto debole sul piano anti-Casta: è stato vicino alla Dc nella Prima Repubblica e presidente del circolo locale del Rotary negli anni scorsi. Sanguina ancora la ferita aperta a Quarto. A Torino, poi, la candidata a sindaco Chiara Appendino ha detto chiaramente di non volere accettare alcun regolamento, creando una disparità con le scelte romane. «Noi rispettiamo l’autonomia dei territori», ha detto un gelido Di Battista a questo proposito.

Dal Piemonte si segnalano diversi segnali in controtendenza. Era successo anche due giorni fa, quando al messaggio di Grillo col quale si riscopriva la libertà di mandato per il voto sulle unioni civili e la stepchild adoption avevano fatto seguito i distinguo di alcuni parlamentari torinesi. Di contro, ieri i quattro parlamentari hanno ribadito la linea ortodossa: «Abbiamo percepito che il nostro elettorato su questi temi ha dei dubbi, ecco perché abbiamo fatto un passo indietro», dice Paola Taverna. Ma il tema forte, a proposito di ruolo dei territori e fedeltà alla linea, è la capitale. Da sotto i banchi spunta un assegno gigante. Vi compaiono i 170 mila euro che il Pd dovrebbe pagare di affitto arretrato per la storica sede di via dei Giubbonari. I comunicatori del M5S sanno che il caso è clamoroso e che pare fatto apposta per stimolare l’indignazione dei cittadini. D’altro canto, rischia di offuscare i diritti delle decine e decine di altri spazi utilizzati da associazioni e centri sociali a rischio sgombero. Paola Taverna si sbilancia un po’ quando afferma che «gran parte delle cose che oggi Tronca si sta vendendo» come il dossier sugli affitti a prezzi stracciati «sono frutto del lavoro del M5S in Campidoglio». Lombardi allora precisa che «Tronca si sta rivelando una maledizione per i romani». Se vai a spulciare il documento sui tagli della gestione grillina scopri che è previsto che cento milioni di euro arriveranno dall’«adeguamento dei canoni sugli immobili residenziali per cittadini non indigenti». E che altri trentotto salteranno fuori dall’«adeguamento dei canoni sugli immobili non residenziali».

I parlamentari spiegano come il «direttorio», i gruppi parlamentari, lo «staff» della Casaleggio e il potere dei due garanti-fondatori rafforzino l’investimento sul Campidoglio. L’annuncio arriva, cosa curiosa, alla vigilia della diffusione delle candidature alle «comunarie». Promette, Lombardi, che «entro il mese di febbraio» i 9 mila iscritti romani al portale di Beppe Grillo («il doppio dei tesserati al Pd», sottolinea) dovranno scegliere l’aspirante sindaco ed esaminare il profilo video di circa 200 candidati al ruolo di consigliere comunale. I pentastellati sentono il bisogno di far sapere che il futuro primo cittadino M5S non agirà proprio in autonomia. E che questa sorta di «commissariamento» è punto qualificante della corsa al Campidpoglio. «I cittadini sappiano che c’è una squadra, che comprende anche alcuni parlamentari, che interverrà su Roma – spiega Di Battista – Per fare pulizia a Roma è necessario». Per lo stesso motivo, Di Battista riconosce che il regolamento è «molto duro» perché «una città come Roma si amministra con durezza»