Garantire fruibilità e sicurezza di vaccini e farmaci anti Covid-19 anteponendo il benessere collettivo alla proprietà intellettuale delle industrie farmaceutiche. È l’obiettivo dell’iniziativa dei cittadini europei (Ice) «Diritto alla salute-Right2Cure» lanciata ieri con conferenze stampa simultanee in tutti i paesi membri. L’Ice è uno strumento introdotto nel diritto comunitario ad aprile 2012 che permette di proporre un atto legislativo concreto alla Commissione europea attraverso la raccolta di un milione di firme nei vari paesi. Il tempo a disposizione è di un anno, fino al 30/11/2021.

«È la più grande iniziativa sul tema della salute a livello europeo», dice Vittorio Agnoletto, medico e membro del Comitato nazionale per il diritto alla cura. La richiesta più importante è che nel mezzo di una pandemia che ha causato 1,5 milioni di morti «i diritti di proprietà intellettuale, compresi i brevetti, non ostacolino accessibilità o disponibilità di qualsiasi futuro vaccino o trattamento contro la Covid-19».

Il tema intreccia diverse questioni molto concrete. «Senza brevetti la possibilità di produrre vaccini sarà superiore e raggiungeranno prima un numero più alto di persone», afferma Marc Botenga, europarlamentare del Partito del lavoro del Belgio. Esiste una strada già prevista dall’Accordo Trips, firmato nel 1994 per proteggere la proprietà intellettuale, in casi come questo: le «licenze obbligatorie». Con questo strumento gli stati possono forzare i possessori dei brevetti a concedere i diritti di utilizzo in virtù di una situazione particolarmente grave. Lo usarono Nelson Mandela in Sudafrica e poi Lula in Brasile per i farmaci contro l’Aids. Il mese scorso da Nuova Delhi e Pretoria è partita la richiesta di bloccare i brevetti sui vaccini contro il Covid-19 fino al termine della pandemia. Ma l’Organizzazione mondiale del commercio non è d’accordo.

La questione è ovviamente economica: i privati vogliono accumulare profitti, ma da un punto di vista pubblico, sottolinea Botenga, l’interesse dovrebbe essere di contenere la spesa. I paesi che si sono impegnati a fornire gratuitamente i vaccini alla popolazione, infatti, dovranno acquistarli dalle grandi industrie farmaceutiche, pagandoli con i soldi dei contribuenti. Il paradosso è che quei vaccini sono stati sviluppati con massicci finanziamenti statali e l’Europa si sta perfino assumendo il costo di eventuali risarcimenti civili dovuti a danni di lungo periodo. «Lo ha detto la Commissione rispondendo a una mia richiesta, ma non si sa né in che quantità, né su quali vaccini, perché gli accordi sono segreti», continua Botenga.

Un’altra richiesta verte sulla trasparenza: «I dati sui costi di produzione, i contributi statali ricevuti, l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei farmaci dovrebbero essere pubblici. I contratti tra autorità e aziende farmaceutiche devono essere resi pubblici», scrivono i promotori sottolineando come la questione sia allo stesso tempo economica e di sicurezza. Si può firmare sul sito: noprofitonpandemic.eu/it.