Hanno invocato tutti il multilateralismo, alla sessione ministeriale di Matera del G20 su Sviluppo e Affari Esteri, ma quello che abbiamo visto agitarsi è il fuoco incrociato degli unilateralismi di singoli blocchi geopolitici – Commissione Europea, Usa, Cina – che si guardano in cagnesco sulla geopolitica dei vaccini, tra accuse rivolte dalla Germania a Pechino di strumentalizzare la pandemia per ottenere vantaggi geostrategici e invito cinese all’Occidente di evitare ingiustificati accaparramenti vaccinali.

La Russia ha deciso di disertare l’incontro. Il ministro degli esteri cinese ha partecipato in video-conferenza, ufficialmente impegnato nelle celebrazioni per il centenario del Partito Comunista. Il linguaggio del corpo non lesina messaggi, insomma.

HANNO TUTTI INVOCATO il rilancio della cooperazione come strategia necessaria a fronteggiare la pandemia e il cambiamento climatico, le due emergenze sanitarie che mettono a dura prova lo sviluppo sostenibile, ma è acclarato lo sbando della comunità internazionale, abitata da un contrasto insanabile tra la ambigua aspirazione a building back better, per una ricostruzione diciamo più rispondente alla sfida pandemica e ambientale, e il business as usual, la tragica coazione a ripetere vecchie ideologie neoliberali, inservibili a sollevare i destini del mondo nel secondo anno della pandemia.

Covid19, non lo dimentichiamo, è crisi sanitaria che in questi mesi si abbatte con virulenza soprattutto nel sud del mondo. In Brasile è occupato il 99% delle unità di terapia intensiva. In Sudafrica il numero dei morti ha superato quota 60.000 e da due giorni vige un nuovo lockdown nazionale per fronteggiare il rapido diffondersi della contagiosa variante Delta. Ma è molto di più, Covid19. La pandemia vuol dire disoccupazione e totale assenza di protezione sociale, vuol dire fame, vuol dire violenza istituzionale che si abbatte senza freni anche su chi segnala anche solo disfunzioni sanitarie.

LO ILLUSTRA IL RAPPORTO appena pubblicato dalle due Ong colombiane Indepaz e Temblores, che registrano con scrupolo la portata repressiva della polizia da quando, il 28 aprile, è cominciata la mobilitazione sociale nel paese.

IN DUE MESI DI CONTRASTO alle misure di austerity imposte da Bogotà si contano 1.832 casi di detenzioni arbitrarie, 83 vittime di violenza oculare, 1.468 casi di violenza fisica e 28 vittime di violenza sessuale, per un totale di 3.486 casi. I morti sono 75. Intanto, le misure di austerity sono tornate di gran moda, nel 2021.

In questo scenario, la Dichiarazione di Matera firmata dai ministri del G20 dovrebbe ricapitolare gli impegni per sradicare la fame e la povertà estrema dal pianeta, nelle intenzioni alquanto eccessive di Luigi di Maio. Non ci sono dubbi che il nuovo coronavirus abbia inferto il colpo di grazia all’agenda internazionale dello sviluppo sostenibile, già in notevole affanno prima dell’arrivo di Covid.

Ma se da un lato, nei lavori preparatori di Matera, è emerso il riconoscimento di criticità che rischiano di generare un’inarrestabile retrocessione su tutti gli obiettivi dello sviluppo, dall’altra non risultano recepite dalla presidenza del G20 le sollecitazioni della società civile che chiedeva un serio impegno per l’assistenza ai paesi in maggiore difficoltà e uno stimulus verso politiche pubbliche in grado di intervenire sui determinanti della fame, spesso legati a doppio filo con i determinanti della salute.

«LA CULTURA POLITICA con cui ci siamo confrontati nella preparazione del vertice di Matera reitera il ricorso ideologico alle virtù del capitale privato», è il commento di Massimo Pallottino di Caritas, co-presidente del gruppo di lavoro C20 su agenda 2030 e Sviluppo. «L’investimento cosiddetto catalitico, cioè il ricorso alle risorse pubbliche per attirare capitali privati, ha tutte le sembianze di un’ inamovibile ideologia dal momento che non esiste alcuna evidenza empirica sull’efficacia della finanza privata come leva per lo sviluppo in contesti di crisi come quelli dovuti alla pandemia», aggiunge Pallottino. La raccomandazione è preoccupante perché il vertice di Matera non ha praticamente fatto menzione delle speculazioni finanziarie che agiscono da leva efficacissima, quelle sì, per aumentare la fame nel mondo.

Ricordiamo molto bene ciò che avvenne in Africa alla vigilia della crisi finanziaria nel 2008, sul prezzo del cibo. Il rischio, tanto per cambiare, è l’indebitamento dei cittadini per rimpinguare le tasche dei player privati che nessuno è in grado di controllare. Del resto, che ci piaccia o no – e non ci piace – il mondo dell’impresa è coinvolto a tutto tondo nella Agenda 2030 che incardina la governance dei partenariati pubblico-privati. Anche se fa acqua da tutte le parti.

Sul tema della governance globale si è molto speso il vertice di Matera, non solo durante la ministeriale Esteri. La presidenza italiana del G20 ha messo in evidenza la necessità di adottare un approccio multilaterale efficace per affrontare le sfide globali, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Che cosa voglia dire questa proiezione non è scontato. Quando parla di multilateralismo il G20 intende perlopiù il commercio internazionale, che si cura solo a parole delle Nazioni Unite.

Non è un dettaglio irrilevante, visto che il vertice di Matera si è occupato di Africa e delle due conferenze Onu sui cambiamenti climatici (Cop26) e sulla biodiversità (Cop15). Dal canto suo, l’Onu versa in una crisi strutturale, intrappolata com’è in quello che potremmo definire il Davos Consensus, ovvero l’avanzata della strategia del World Economic Forum (WEF) nelle scelte determinanti dell’agenda dello sviluppo. WEF e ONU hanno siglato un’alleanza strutturale nel giugno 2019.

La pandemia ha concorso in modo significativo ad affermare l’egemonia di Davos nelle sedi istituzionali globali. Anche l’Onu ha un’emergenza sanitaria: deve urgentemente immunizzarsi dall’interferenza degli interessi privati nelle dirimenti scelte future per la tutela del pianeta.

Soprattutto adesso che i governi sono chiamati a negoziare a Ginevra un nuovo percorso diplomatico sul “diritto allo sviluppo”.