Ne ha viste delle belle la generazione di Mauro Ermanno Giovanardi. L’affrancamento dalla lingua inglese, la nascita delle nuove label indipendenti e di un rock finalmente non più schiavo delle mode importate da oltremanica. Sono gli anni novanta che l’ex La Crus ha deciso di celebrare in La mia generazione (Warner Bros), l’album in uscita oggi in cd, vinile, digitale: «Durante la lavorazione in studio – spiega – mi sono reso conto che era il disco più difficile e pericoloso che avevo mai affrontato. Volevo fare un omaggio a quel momento storico, ai gruppi di quella scena, ma dovevo assolutamente evitare di cadere nella retorica».

Già, difficile ritornare a quel decennio, quando Napster si stava timidamente affacciando e i cd si vendevano ancora in centinaia di migliaia di copie. Afterhours, Subsonica, Casinò Royale, Massimo Volume, Ritmo Tribale sono tra i gruppi «rivisitati» dall’artista piemontese: «Scrivere in italiano ed essere credibile, fu un momento importante. E per la prima volta anche le major intuirono che valeva la pena di investire in questo sottobosco musicale». Ma una cover deve calzarti addosso, altrimenti si finisce in un territorio pericoloso in odor di karaoke…: «Ho adattato quei pezzi al mio stile, non dovevo perdere la mia identità. Prendi Aspettando il sole di Neffa, per renderlo mio ho dovuto spostare un pezzo hip hop da un immaginario urbano a qualcosa che avesse a che fare con le sue radici». Già e l’idea (geniale) è far scivolare l’arrangiamento in un torrido blues: «Me lo sono immaginato come fosse registrato al Sun Studio nei primi anni ’50, prima della svolta country». Se c’è un brano che rappresenta i ’90, quello è Forma e sostanza dei CSI: «Anche se con tutta onestà avrei voluto cantare Del Mondo, ma Forma e sostanza li fa conoscere al grande pubblico. È stato difficile perché se sai cantare, è più facile cimentarti con Bruno Martino o Mina piuttosto che Ferretti. Perché se gli fai il verso non è arte e così devi trovare una chiave che sia tua».

La voce di Giovanardi è al centro prima dei La Crus e poi nei lavori solisti. Calda, profonda e capace negli anni di acquisire in naturalezza: «I primi dischi dei La Crus faccio fatica a sentirli. Ho cantato per dieci anni in inglese interiorizzando un modo diverso di portare le parole. In questo processo mi ha aiutato il tour di Cuore a nudo con Fabio Barovero, settanta date piano e voce. Non potevo più nascondermi dietro un muro di chitarre». In alcuni pezzi si accompagna in duetto con alcuni protagonisti di quegli anni: Manuel Agnelli, Cristiano Godano, Samuel, Rachele Bastreghi: «Ho voluto che ognuno di loro non cantasse nel proprio brano, proprio per sottolineare l’idea unica della scena».