I quattro Paesi di Visegrad sono contrari alle quote di ridistribuzione dei migranti, che vorrebbe introdurre la Commissione Europea. Lo hanno fatto sapere i premier i Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, che si sono riuniti a margine del summit tra l’Unione Europea e i Paesi dell’America Latina.

Che per le quote dei migranti non spirasse un vento positivo nel centro-est Europa, lo si era capito da tempo. Già un mese fa, durante un vertice tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, i due premiers socialdemocratici Bohuslav Sobotka a Robert Fico hanno espresso una forte contrarietà alla politica di distribuzione dei richiedenti d’asilo a livello europeo. «Io sono contro per principio alla politica di distribuzione per quote – ha detto il premier slovacco Fico – Ogni stato deve sopportare i pro e i contro della propria posizione geografica. Noi daremo una pesante battaglia sul tema in Unione Europea». Meno bellicoso il premier ceco Sobotka, che si è richiamato al principio di volontarietà, sottolineando che «ogni governo nazionale sa meglio, cosa può fare nell’ambito della solidarietà europea comune a quale aiuto possa fornire». Nella sua posizione il premier sembra avere compatto alle spalle il suo governo di coalizione. A usare i toni più accesi è stato il vicepremier Pavel Belobradek, secondo cui «nessuno può costringerci a fare un passo da suicidi accogliendo persone, di cui non sappiamo come prendersi cura».

Alla posizione ceca e slovacca si è così associata l’Ungheria, il cui premier non è certamente sospettabile di simpatie per le società multi-culturali, e la Polonia, che ha tradizionalmente posizioni più filo-Burxelles rispetto ai suoi vicini. Tuttavia l’attuale governo di Ewa Kopaczova si trova fragilizzato sia dalla recente sconfitta alle elezioni presidenziali, dove si è imposto un candidato conservatore ed euroscettico, sia da uno scandalo di intercettazioni telefoniche private, che ha costretto alle dimissioni il presidente della Camera ed ex ministro degli affari esteri Radoslaw Sikorski e altri sei ministri e segretari di stato.

La posizione dei quattro governi trova riscontro in una parte sempre più grande dell’opinione pubblica. Il tema delle quote ha fatto da train d’union tra due temi, che sono i pilastri del sentimento euroscettico sempre più forte nei quattro Paesi di Visegrad. Da una parte c’è la paura «dell’invasione dei migranti» e della perdita dell’identità nazionale e dall’altra la critica alla struttura verticistica e burocratica dell’integrazione europea. Gli euroscettici hanno così suonato la carica dicendo che le quote stabilite dalla Commissione Europea sono solo un progetto pilota, il cui successo potrebbe portare a una ridistribuzione di altre centinaia di migliaia di richiedenti asilo e addirittura di migranti per scopi economici.

A mobilizzare e riscuotere un capitale politico dall’attuale clima di paura e insofferenza ci provano i partiti della destra più oltranzista e le forze sociali apertamente xenofobe e razziste. Per sabato 20 giugno così diverse tifoserie calcistiche vicine alla scena neofascista hanno convocato a Bratislava una manifestazione contro le quote e «l’islamizzazione dell’Europa», che potrebbe essere molto partecipata. Solo un giorno prima ci sarà nella capitale slovacca un vertice dei Paesi di Visegrad con un’ospite di eccezione, il presidente francese François Hollande, che ha per l’altro espresso una posizione abbastanza simile sul tema. Per il progetto della Commissione Europea i giorni si fanno decisamente difficili.