«Siamo entrati in Sitel da single, ne usciamo dopo 10 anni con figli e mutuo». Floriano Galli, Rsu Cgil della filiale milanese di call center in via Montecuccoli, ha 35 anni, guadagna 1100 euro al mese ed è uno dei 114 dipendenti che da marzo 2014 rischiano di perdere il lavoro. Tutti occupati nell’unico centro di assistenza Hp consumer in Italia: la commessa Hp, dopo 10 anni di attività, sarà trasferita alla Sitel di Belgrado.

Alla base, probabilmente, la volontà di risparmiare, «visto che i dipendenti serbi costano 1/3 degli italiani», continua il delegato Cgil, e che il servizio fornito è sempre stato eccellente: «In una scala 1-10 i clienti ci danno 9-10 nell’80% dei casi», spiega.

La scoperta a novembre: «A maggio Sitel aveva parlato con i sindacati di problemi economici – spiega Renzo Robotti, impiegato in azienda dal 2003 – e subito abbiamo iniziato a fare cassa integrazione in deroga a rotazione. Speravamo che la situazione migliorasse e mai nessuno ci aveva parlato di un trasferimento. La cassa termina il 31 dicembre e non sappiamo cosa fare. Non ci hanno fatto proposte e non ce le faranno mai».

«L’azienda ha usufruito di contratti di solidarietà e sovvenzioni per otto mesi – aggiunge Vittorio Granitto, sindacalista Cgil – misure per imprese che rimangono sul territorio, non che si organizzano per trasferirsi all’estero». La pensa allo stesso modo Carlo Bianchessi, dirigente Arifl (Agenzia regionale istruzione formazione e lavoro): «Da gennaio 2014, la Regione ha previsto agevolazioni fiscali per le aziende che decidono di non lasciare l’Italia: la questione non può essere chiusa», ha detto lunedì mattina ai 50 dipendenti in presidio sotto la sede della Regione Lombardia.

Eppure la delocalizzazione è una strada che tenta molti: l’hanno già percorsa colossi come Vodafone, Wind, Edison, Fastweb, Telecom, Tiscali, i cui operatori ormai rispondono solo da Paesi come Romania, Albania e Bulgaria. Strada che Sitel ha già sperimentato a inizio 2013, ma senza successo. Tra gennaio e febbraio scorsi infatti l’azienda aveva spostato da Milano a Lisbona l’assistenza telefonica di Microsoft che, non soddisfatta del servizio, a settembre aveva trasferito la commessa alla sede greca della concorrente Teleperformance. Tutto questo mentre il 5 dicembre scorso la multinazionale dei call center in appalto – 58 mila dipendenti nel mondo – annuncia sul suo sito di voler assumere circa 3500 nuovi lavoratori tra Usa e Canada.

La Sitel non conferma né smentisce: «La nostra politica è di non divulgare pubblicamente alcuna informazione sui contratti o le relazioni con i nostri clienti», dichiara Barbara Giorgetti, senior operation manager della filiale milanese. Eppure nei documenti mostrati dall’azienda ai sindacati, tra cui una mail interna fra la Hewlett Packard e Sitel Italy, si comunica ufficialmente la chiusura del supporto tecnico a Milano tra gennaio e marzo 2014 e lo spostamento delle attività HP da Milano a Belgrado.

La sensazione è che il periodo di cassa integrazione servisse solo a prendere tempo: «Abbiamo scoperto da poco che già a luglio Hp aveva smesso di chiedere a noi dipendenti il raggiungimento di risultati e obiettivi. Eppure Sitel ha continuato a dire ai capireparto di farci insistere sui risultati. Ciò dimostra che la decisione è presa e progettata da tempo», continua il delegato sindacale.

Nel mese di novembre la direzione aveva anche chiesto ai team leader della sede milanese di andare in Serbia per formare i lavoratori del posto.

Oggi alle 13 Cgil, Cisl e Uil incontreranno il dirigente europeo di Sitel Pedro Lozano, e dopo l’interessamento della Regione potrebbero esserci le condizioni per una trattativa. «Ma dopo otto mesi di cassa integrazione, scioperi e incertezze siamo tutti stanchi – conclude Galli – e anche sperare è difficile».